Meno di dieci anni fa negli Usa qualche esperto aveva predetto la fine della carta stampa a seguito dell'avvento di Internet. Oggi anche i più accesi sostenitori della...
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L'informazione professionale nel suo complesso, così come l'abbiamo conosciuta finora, sta cambiando, ma non è finito il suo ruolo, nonostante le eccezionali e rapidissime trasformazioni del mondo globale della comunicazione ne stiano modificando la struttura. Anzi, in un contestato di sovrabbondanza di notizie, diffuse da chiunque senza alcun confine (esercizio di massima libertà e pluralismo), ma anche senza possibilità di capire da dove provengano (e dunque queli siano gli interessi nascosti) né se siano vere e attendibili, cresce l'importanza dei professionisti dell'informazione, dei giornalisti. A patto che siano in grado di elevare il livello dell'informazione, di dedicarsi a ciò che gran parte della massa di notizie che rimbalzano per la Rete, tra siti, blog, twitter e social network (alcuni con contenuti ben fatti e di interesse, la gran parte riempiti di sciocchezze e volgarità), di rado riescono a dare: approfondimenti, inchieste, analisi, accertamenti rigorosi.
Di tutto ciò si discute troppo poco, nonostante si tratti di un tema centrale per lo sviluppo sociale e per la tenuta democratica. Gli editori, in particolare, appaiono confusi dalla rapidità della rivoluzione in atto, e più attenti a tutelare gli altri interessi (imprenditoriali e finanziari) che a far crescere il livello dei mezzi d'informazione che possiedono e controllano. Ma qualcosa, per fortuna, si sta muovendo. All'interno della categoria dei giornalisti, innanzituto. Ma non solo.
Dal convegno dell'Osservatorio permanente giovani-editori ospitato a Bagnania, ad esempio, si è parlato proprio di questo, assieme a grandi nomi dell'informazione internazionale. Il messaggio che ne esce è rassicurante: cambia il modo di lavorare, di diffondere le notizie (sempre più video e informazione fruibile in mobilità, attraverso gli smartphone) ma restano centrali le regole del buon giornalismo, senza le quali le aziende editoriali mettono a rischio la propria credibilità, il proprio "brand" e dunque la loro stessa esistenza. Chissà che, dopo anni all'insegna di una generalizzata tendenza all'alleggerimento dei contenuti (nell'errata e folle convinzione che sia questa la richiesta del pubblico) non si torni davvero a riampiere i media di informazione di qualità.
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Il Gazzettino