Giornalismo non è spettacolo o propaganda, ma rigore e autorevolezza

Giornalismo non è spettacolo o propaganda, ma rigore e autorevolezza
Con l'avvento del mondo digitale in cui la comunicazione è diretta, immediata, senza intermediazioni, ci si sta interrogando da anni sul futuro del giornalismo...

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Con l'avvento del mondo digitale in cui la comunicazione è diretta, immediata, senza intermediazioni, ci si sta interrogando da anni sul futuro del giornalismo così come lo abbiamo conosciuto e inteso finora. C'è chi sostiene che non abbia più ragione di esistere in un sistema dominato dai social. Ma non è così. Oggi più che mai si sente la necessità di professionisti dell'informazione in grado di selezionare le notizie rilevanti nel diluvio di parole e immagini in cui si rischia quotidianamente di annegare; capaci di approfondirle e verificarle accuratamente; di collocare quei fatti nel giusto contesto, creando i necessari collegamenti; di offrire chiavi di lettura. Può essere giornalismo schierato, a patto che sia onesto, trasparente, rispettoso dei principi fondanti della professione, che impongono lealtà e buona fede. Un giornalismo che sappia distinguere le notizie dalla pubblicità, che invece oggi contamina ogni cosa senza mai dichiararsi come tale.


Lo scenario a cui troppo spesso stiamo assistendo in questi anni di transizione dal vecchio al nuovo modello editoriale è preoccupante: i media, anche quelli un tempo definiti di qualità, tendono a rincorrere i social, ad alleggerire sempre più i contenuti, a dedicarsi al gossip (invece che alle inchieste), a trasformare le notizie in uno spettacolo continuo che, in mancanza di contenuti, ha l'esigenza di urlare sempre più forte. In questo modo il giornalismo sta perdendo (ha già perso in parte) credibilità e autorevolezza. In molti casi le testate giornalistiche hanno svenduto il proprio marchio di qualità in cambio di una manciata di clic, catturati attraverso notizie morbose e quei vergognosi titoli acchiappaclic che rimandano a "fuffa" invece che a seri contenuti giornalistici. Per non parlare di quei giornalisti e direttori che, invece mettersi al servizio dei cittadini, scelgono di compiacere il potente di turno - sindaco, governatore o grande imprenditore che sia - con interviste in ginocchio e pompose celebrazioni; che esasperano i toni per alimentare quel clima di permanente paura e insicurezza che piace tanto a certa politica alla caccia di facili consensi; che sanno schierarsi soltanto contro i più deboli, cioè interpretando il proprio ruolo al contrario di quello che vorrebbe il giornalismo come "cane da guardia" del potere, qualunque esso sia. 

Non è questa l'informazione di cui c'è bisogno per uscire dalla crisi economica e per imboccare la strada di una rinascita socio - culturale. Chissà se gli editori e giornalisti saranno in grado di capirlo, imboccando senza tentennamenti l'unica strada possibile: quella della qualità, dell'accuratezza, del rigore. Più inchieste e approfondimenti e meno informazione-spettacolo. Maggiore autonomia e indipendenza e più trasparenza: soltanto così si potranno recuperare lettori e soprattutto la loro fiducia. Soltanto così il giornalismo ha un futuro.
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Il Gazzettino