Fatti non foste a viver come bruti: As bestas La conferma di Sorogoyen, grande regista

Fatti non foste a viver come bruti: As bestas La conferma di Sorogoyen, grande regista
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Il cinema di Rodrigo Sorogoyen si è meritato in breve tempo un’attenzione e una stima sempre più convinta, con opere che affrontano in modo quasi sempre diretto i problemi dei singoli in rapporto a dinamiche sociali improntante molto spesso all’ostilità o alle contrapposizioni dure, anche quando il turbamento è più riservato all’anima che ai muscoli, spesso esibiti come forma di potere. Dal dolore materno di “Madre” fino alle brutalità esterne e interne di poliziotti della serie “Antidisturbios”, a tutt’oggi il suo capolavoro, Sorogoyen affronta il disfacimento di un tessuto politico e sociale, senza dimenticare quello umano, con apprezzabile rigore narrativo e formale, trascinando con sé echi del passato, tormenti generazionali, conflitti culturali, proprio come sembra accadere, almeno inizialmente, almeno in superficie, con questo ultimo lavoro, passato in chiusura dell’ultimo festival di Cannes, inspiegabilmente fuori concorso. Con “As bestas” il regista madrileno, poco più che quarantenne, ci porta in un villaggio della Galizia, dove una coppia di francesi di buona cultura che hanno deciso di dedicarsi all’agricoltura e quindi varcare il confine, entra presto in collisione con un paio di fratelli del luogo, loro vicini, al contrario grezzi e prepotenti. La questione verte soprattutto sulla costruzione di pale eoliche, che i francesi non vogliono accettare. La situazione, nonostante il timido intervento delle forze dell’ordine, può precipitare da un momento all’altro. Come già si accennava lo scorso maggio sulla Croisette, “As bestas” (titolo senza alcun dubbio chiarificatore) guarda a modelli ben precisi, che vanno da “Cane di paglia” a “ Un tranquillo weekend di paura”, dai quali trae lo scontro progressivo della violenza, specie considerando l’accerchiamento del singolo apparentemente più debole, e l’asprezza di un territorio ruvido, che marca inevitabilmente anche il comportamento umano. In un crescendo insostenibile di violenza soprattutto psicologica prima ancora che fisica, dove sarà un elemento inaspettato a chiudere il cerchio delle responsabilità, Sorogoyen firma una potente e cupa tragedia, ispirata a fatti realmente accaduti, con un’asciuttezza di racconto notevole, portando la tensione al massimo, come nei due eccellenti piani-sequenza delle discussioni al bar (il marito con i due fratelli) e in casa (tra la madre e la figlia, appena arrivata). Attori superlativi, tra cui va sottolineata la prova di Denis Ménochet, sceneggiatura chirurgica, scritta con la sodale Isabel Peña, colonna sonora di rumorosa inquietudine: un film prettamente al maschile, ma che alla fine vede le donne protagoniste in un mondo in cui la bestialità tenta di confermare la propria supremazia. Voto: 8.

 

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Il Gazzettino