Viaggio nel tempo nella casa di Enrico Caruso diventata museo

Dischi e fotografie nella casa di Enrico Caruso
Sul quel piccolo balcone un giorno, negli anni Novanta, si era affacciato nientemeno che Luciano Pavarotti.  Ora la...

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Sul quel piccolo balcone un giorno, negli anni Novanta, si era affacciato nientemeno che Luciano Pavarotti. 


Ora la piccola abitazione in cui è nato Enrico Caruso è diventata un museo che ricorda la vita dell’indimenticabile tenore scomparso cento anni fa (2 agosto 1921). Entrare nell’appartamento di via Santi Giovanni e Paolo, a Napoli, è un po’ come capire in pochi e preziosi istanti come è stata l’infanzia del grande cantante e della sua famiglia. In quei 50 metri quadrati, infatti, si erano sistemati 7 figli più i coniugi Caruso. Enrico, che visse lì fino al 1879, aveva iniziato a cantare nella vicina chiesetta, dove poi era stato anche chierichetto, a soli quattro anni impressionando da subito alcuni fedeli ed amici. Poi il lavoro in fonderia e quindi l’avvio della sua straordinaria carriera mondiale. 
Nella casa museo, che per anni è stata abitata da due donne, ora è stato creato una sorta di percorso sonoro composto dai primi dischi (grazie alla donazione Pituello-D’Onofrio), il grammofono, i disegni satirici realizzati dallo stesso tenore, locandine e fotografie degli spettacoli a New York, monete, lettere e alcuni vestiti di scena, come l’immancabile bastone, concessi in comodato dal museo Caruso di Brooklin. L’intero progetto è stato approvato anche dal pronipote, Federico Caruso.
«Enrico Caruso ha trasformato il canto nelle opere che prima del suo avvento era molto accademico - spiega Gaetano Bonelli, direttore del museo affiancato dal presidente Raffaele Reale - con le  canzoni è sempre riuscito a mettere in scena la sua vita, trasmetteva davvero la sofferenza. Il suo successo nasce da questo tipo di interpretazione. Negli Stati Uniti, poi, ha cantato per gli emigrati mantenendo sempre un legame con le sue origini così come ha fatto Rodolfo Valentino. Tutto è iniziato da questa piccola casa in questo quartiere popolare. Caruso, insomma, è Napoli».

Molto interessante anche l’aspetto più legato alle tecnologie dell’epoca. Le prime incisioni risalgono infatti al 1902. «La sua versione di “Vesti la giubba” - aggiunge Bonelli - è stato il primo disco d’oro avendo raggiunto il milione di copie vendute. E anche in questo caso stiamo parlando di un altro napoletano illustre, Ruggero Leoncavallo. Caruso è stato molto apprezzato da Puccini e Verdi mentre la sua fama era arrivata anche in Russia». Ora da un anno la casa in cui è nato, e dove è stato mantenuto anche il portoncino originale, è aperta ai visitatori (su prenotazione) con l’obiettivo di tenere vivo il ricordo su uno uno dei più grandi protagonisti dalla storia musicale italiana. 


La sue canzoni si irradiano nelle due piccole stanze, facendoci pensare a che tipo di potenza avrebbe potuto trasmettere la voce di Caruso con la tecnologie di oggi.

 

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Il Gazzettino