Elemental, più noia che fascino visivo Conferma del declino della Pixar

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Di certo non è da oggi scoprire come la Pixar abbia perso nel tempo quella forza espressiva con la quale aveva costruito la sua fama e la sua singolarità nel panorama dell’animazione, pregiandosi anche di un Leone alla carriera alla Mostra mülleriana del 2009. Alcune delle firme importanti hanno lasciato (su tutte John Lasseter), un po’ è andata via via consumandosi un’originalità fertile, una narrazione magari sempre poco sintonizzata su uno sguardo fanciullino, ma comunque capace di captare come il divertimento fosse pregevolmente assorbito anche dal pubblico infantile. L’ingresso della Disney ha successivamente coinciso con una significativa tendenza alle storie meno spavaldamente graffianti, anche meno perturbanti, semmai l’affacciarsi prepotente dei buoni sentimenti e soprattutto una collocazione della famiglia più protettiva e, a tratti, perfino ingombrante e certo adesso il pregio maggiore di questi film sembra essere l’inclusione, tema assolutamente nobile, ma svolto ormai con una cadenza sbrigativa e semplice, si potrebbe dire quasi convenzionale. Insomma siamo purtroppo lontani da “Monsters & Co.”, dai “Toy story” e ovviamente da “WALL.E”, ma anche “Up”, “Ratatouille”. “Elemental”, film di chiusura dell’ultimo festival di Cannes, è firmato da Peter Sohn, che aveva già diretto nel 2015 “Il viaggio di Arlo”, dimostrando anche in quell’occasione una brillantezza già opaca. Al di là di alcune note autobiografiche del regista, qui semmai siamo più dalle parti di “Inside out”, dove la rappresentazione delle emozioni stavolta lascia il posto a quella dei quattro fondamentali elementi come l’acqua, il fuoco, l’aria e la terra, anche se invero il film si concentra praticamente soltanto sui primi due. Seguiamo quindi la storia di Ember, che appartiene alla famiglia del fuoco, nella gestione con il padre di un negozio, che presto verrà intestato a lei, essendo il padre prossimo alla pensione. I suoi guai cominciano quando accidentalmente fa la conoscenza con Wade, che è un acquatico: qui, secondo un canone vistosamente consumato, la contrapposizione iniziale si trasforma in attrazione, con il pericolo che acqua e fuoco si facciano soltanto del male, non potendosi nemmeno toccare. Chiarita la simbologia della diversità, supportato il chiaro intendimento ecumenico della tolleranza e del rispetto, “Elemental” è un film che non perde di sicuro il consueto aspetto tecnico sbalorditivo, ma si infila in una routine noiosa, in una sfibrante tenerezza disneyana, pur in una dimensione che potremmo definire “arcobaleno”, a cominciare dalla scritta del titolo fino alle architetture delle città. Resta una sensazione di indolenzimento narrativo e di una creatività ormai standardizzata. Che purtroppo, temiamo, continuerà anche nel prossimo “Elio”, programmato per il prossimo anno. Voto: 5.

 

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Il Gazzettino