Dopo la Mostra, "Flaneur detective" resta un'indagine aperta sulla vita

Dopo la Mostra, "Flaneur detective" resta un'indagine aperta sulla vita
Un po’ ingrugnito,  arrabbiato per “come vanno le cose  nel Palazzo”, curioso di conoscere, di  capire, a tratti scostante a tratti fascinoso,...

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Un po’ ingrugnito,  arrabbiato per “come vanno le cose  nel Palazzo”, curioso di conoscere, di  capire, a tratti scostante a tratti fascinoso, aggrappato a una macchinetta fotografica che la mia ignoranza non mi consentiva di identificare se di razza o no. Era il tempo dei tempi  e non ebbi più occasione di incontrare Giulio Obici  se non  la settimana scorsa, a Venezia come  “flaneur detective”, autore di una mostra fotografica ai Tre Oci che visitai attentamente sulle prime senza sapere che si trattava di lui, il giornalista inquieto conosciuto in gioventù, allora più noto per le sue origini “dinastiche”  legate strettamente al giornalismo : giornalista il padre, giornalista la madre, giornalista e fondatore de “ Il Gazzettino “ il nonno, giornalista lui , sembrava  - almeno a me – quasi suo malgrado . Sorpresa per me incontrarlo – non in vita  perché non c’è più – ma  scoprirlo visitando la mostra  che mi aveva attratto per il  titolo curioso e intrigante (chiusa da poco, ai Tre Oci) che non sapevo lo avesse come autore –fotografo: flaneur detective..

Non  ero rimasta folgorata da quelle foto in bianco e nero che mi lasciavano in un giudizio sospeso, come quando ci troviamo di fronte a qualcosa che non riusciamo a definire. Già il rapporto con la fotografia mi è sempre stato difficile ma quelle sembravano foto pretestuose, immagini  volutamente ovvie, momenti catturati  a caso e senza  giustificazione, passaggi,  clic. Il giallo si dipanò quando arrivai all’ultima pagina del libro- catalogo della mostra (edito da Marsilio) di lettura colta e piacevolissima, in cui Obici dichiara che quelle foto  volevano  essere  pretesti, oggetti –immagine destinati solo a giustificare un racconto. E nel libro che riporta la filosofia e il pensiero dell’autore  quelle foto si allontanano per  assumere altra dimensione, comprensibile, godibile, fatta di memorie, di  momenti  di poesia  e  vita vera, una indagine nel vissuto dell’autore che diventava anche nostra, attraversata dalle esperienze che Giulio, flaneur detective , si era consentito  per cercare di riempire  vuoti che l’improvviso clic scattato con l’ inseparabile  Leica rendeva attimi senza  tempo ,  di grande spessore  poetico. “Flaneur detective” :  una  vetrina  di immagini che non esiste senza  questo  bellissimo libro che la racconta, la mette a nudo,  offre protezione ombrosa dove il detective vuole riconoscere pause, attimi di riflessione destinati a dargli un ombra di sorriso autentico, per rivelare al “detective”   il segreto della fotografia che supera il traguardo della documentazione per diventare  invenzione poetica,  messaggio culturale o per confessare la bellezza opulenta di una Venezia che “sfuma verso la morte…  dove la barca è qualcosa di più di un mezzo di trasporto, e l’acqua non è solo , come la strada, un luogo di transito. Il gesto fotografico non ha un dopo  - sostiene Obici  -  Se un pittore può rimandare il  dopo a sua discrezione, fino a quando non decida di deporre il pennello, per il fotografo, quando la tendina dell’otturatore si chiude come una ghigliottina chiude bruscamente il suo rapporto con il tempo, con la realtà, con l’ispirazione.

“Flaneur detective”:  non  si  poteva trovare definizione più vera e suggestiva.
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Il Gazzettino