VERONA - Alimenti come farmaci? Sembrerebbe proprio di sì secondo le ultime scoperte. «L’organismo umano è per sua natura predisposto ad accettare...
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In Italia le persone che potrebbero avvantaggiarsi di questa vera e propria pratica terapeutica sono tante, riferisce Piernicola Garofalo, Presidente Ame Onlus (a Verona per l'Ame day organizzato dal prof. Roberto Castello, direttore di Medicina Generale a Borgo Trento), se si considerano gli oltre 3 milioni di persone con diabete di tipo 21, una stima di oltre 6 milioni di casi entro il 20352, e considerando la crescita di questa patologia anche in soggetti sempre più giovani. Esiste, inoltre, un numero rilevante di soggetti sovrappeso o obesi che non sanno di essere diabetici e molti altri ancora che per familiarità lo diventeranno se non seguiranno adeguati programmi di prevenzione. La ricerca farmaceutica continua a mettere a punto presidi terapeutici sempre più innovativi ed efficaci per il trattamento della malattia conclamata. Ma, la vera sfida, sta nell’attuazione di programmi di prevenzione e nella capacità di diffondere una cultura che informi tutta quella fascia di pazienti che potrebbero sviluppare la malattia spingendoli verso un controllo adeguato della dieta3 e verso l’esercizio fisico. Alimenti come farmaci, che forniscono benefici salutistici oltre al contenuto nutrizionale, quindi con un risparmio in salute e una maggiore sostenibilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale: questo è quello che potrebbe essere raggiunto attraverso la nutraceutica, termine che sta per nutrizione e farmaceutico”.
I NEMICI - «Nel contesto del gruppo di pazienti che prima o poi svilupperanno il diabete, asserisce Agostino Paoletta, Coordinatore commissione farmaci Ame, si annoverano anche le pazienti con sindrome dell’ovaio policistico, un disturbo presente nel 7-8 % delle donne in età fertile, caratterizzato da disturbi del ciclo, acne, alopecia e irsutismo: anche in queste pazienti con disturbi della sfera endocrina è possibile intervenire per prevenire il diabete attraverso un’alimentazione capace di evitare il picco glicemico dopo il pasto4, responsabile dell’eccessiva risposta insulinica. Bisogna limitare il consumo di zucchero e carboidrati raffinati5, preferendo quelli con basso indice glicemico; limitare i grassi animali e dividere l'assunzione di cibo in pasti piccoli e frequenti, con elevato apporto calorico a colazione e aumentare l’assunzione di pesce.
LE DIETE - Un ritorno alla nostra dieta mediterranea, con l’effetto benefico dell’olio extravergine di oliva, vero prodotto nutraceutico, della frutta e della verdura, rappresenta una regola fondamentale. Assumere pasta e pane integrale, al posto del pane bianco o della pizza, e accompagnandoli con verdura verde a foglia larga rappresenta sicuramente un altro presidio per ridurre il picco glicemico post prandiale. Altra raccomandazione è quella di mangiare le proteine prima dei carboidrati sempre nell’ottica di favorire una riduzione del picco glicemico. Altra importantissima regola è quella di evitare di mangiare di notte perché questa abitudine non rispetta i nostri ritmi biologici e crea un incremento del peso doppio rispetto ad analogo apporto calorico, assunto durante le ore di luce, almeno per quanto è stato osservato negli animali da esperimento.
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Il Gazzettino