Le "Grazie" secondo Silvia Gribaudi: la sfida dei corpi nella danza

La coreografa e danzatrice Silvia Gribaudi con i suoi ballerini di "Graces"
E se le tre Grazie di Canova si trasformassero in tre baldi giovanotti danzanti a petto nudo, barbetta hipster, braghetta “stringi-coscia” e un antiseducente calzino...

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E se le tre Grazie di Canova si trasformassero in tre baldi giovanotti danzanti a petto nudo, barbetta hipster, braghetta “stringi-coscia” e un antiseducente calzino nero al polpaccio? Dopotutto, chi sarebbero oggi le “Tre Grazie”? E cosa rappresenterebbero? Benvenuti nel mondo di “Graces”, ultima creazione della coreografa Silvia Gribaudi, stavolta alle prese con un’intelligente riflessione sui corpi e sul concetto astratto di bellezza e di esposizione di sè passata al Comunale di Treviso e atteso anche al Quirino di Vigonza (6 marzo alle 18.30).

 

CANOVA

Ispirata al complesso scultoreo che Canova realizzò tra il 1812 e 1817, con le 3 figlie di Zeus (Aglaia, Eufrosine e Talia) creature divine che diffondevano splendore, gioia e prosperità, lo spettacolo della torinese Gribaudi smantella i canoni classici della bellezza e l’estetica dei clichè ormai dominanti nella nostra quotidianità, spingendo sul palco vuoto tre figure maschili (Giacomo Citton, Matteo Marchesi, Andrea Rampazzo) che, insieme alla coreografa, danzano, saltano, piroettano, giocano, si bloccano in eleganti pose plastiche o vorticano in scivolate acquatiche a ritmo di valzer viennesi, dialogando con il pubblico che risponde, si accende, ride e applaude.

LO SGUARDO

Unendo i confini tra danza, teatro e performing art, Gribaudi regala un'opera  sorprendente che spazia dal balletto neoclassico al moderno passando per l’hip hop, il contemporaneo e la pratica agonistica liberando, di fatto, la gestualità e gli stessi corpi: corpi che si fanno guardare ma devono essere ammirati e incoraggiati (i continui «grazie» rivolti al pubblico), e che donano spettacolo, divertimento, gioia. E il tema del culto del corpo, chimera irraggiungibile ma ormai dominante nel pensiero comune, viene così destrutturato con ironia dissacrante dalla coreografa, che parte proprio da se stessa per trasformare in arte l’umanità e le imperfezioni del fisico.

IL NUOVO LAVORO

 

 

E sempre indagando la fragilità umana e la fallibilità che diventano per lei un punto di forza, Silvia Gribaudi approda al Comunale di Vicenza il 5 marzo con il suo nuovo lavoro, “Monjour”, sorta di “cartoon contemporaneo” animato dai disegni di Francesca Ghermandi con al centro due danzatori, un clown/attore e due performer circensi. Tra di loro una interdipendenza che costringe tutti ad affrontare sia le proprie potenzialità che le incapacità e il disagio, compreso anche il loro potere più profondo. Sono cinque “divinità” ironicamente pop, fuori tempo e fuori luogo che nella visione artistica di Silvia Gribaudi sono pronti a offrirsi in virtuosismi, nella generosità costante e nella necessità di esistere attraverso la relazione con il pubblico.

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Il Gazzettino