Via d'Azeglio e la Bologna cantata da Lucio Dalla

Lucio Dalla
Per avvicinarsi alla Bologna di Lucio Dalla bisogna per forza di cose passare per via d’Azeglio. Le luminarie create dai testi delle sue canzoni, in alto dove adesso sorge...

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Per avvicinarsi alla Bologna di Lucio Dalla bisogna per forza di cose passare per via d’Azeglio. Le luminarie create dai testi delle sue canzoni, in alto dove adesso sorge la fondazione, sono una sorta di indicazione perenne sul talento che ci ha lasciati proprio dieci anni fa. Un omaggio quanto mai sentito ed originale, quello della sua città, dove riecheggiano certe frasi divenute celebri negli anni e dove ancora tanti amici pensano che magari, proprio lui, possa sbucare da un momento all’altro da un portico o da un incrocio. La città, infatti, non l’ha mai dimenticato basti pensare anche alla singolare tomba nel cimitero monumentale, a due passi dalla stadio, proprio nell’area dove sono sepolti in grandi della storia. Ma ripensare a Dalla significa anche ricordare il suo mondo fatto di testi efficaci e di arrangiamenti, perennemente in bilico tra la canzone d’autore ed il jazz, che spesso si sono presentati come un’anticipazione di alcuni stili. 


Luca Carboni, da sempre suo amico, qualche anno fa prima di un concerto al teatro Corso di Mestre ci aveva ricordato l’importanza di Dalla nella sua formazione sempre a metà tra rock e pop italiano. «Album come “Lucio Dalla” o “Dalla” - ha sempre spiegato Carboni - insieme a “Come è profondo il mare”, rappresentano una rivoluzione del linguaggio da cui non si può tornare indietro». Ma oltre alla musica c’è lo spessore complessivo dell’artista emerso su vari fronti. «Mia madre andava a vedere Lucio esibirsi in parrocchia - aggiunge Carboni - a nove anni era un ballerino prodigio, poi un formidabile fisarmonicista autodidatta, quindi un clarinettista jazz ricercatissimo». 

A questo si aggiunge il legame con il suo territorio e con via d’Azeglio dove risiedeva. Non solo vita vissuta sotto le due Torri, visto che quel contesto si allargava anche ai dintorni come nella celebre “Anna e Marco” dove si dice “che c’è qualcuno che trova una moto, si può andare in città”. Ma il dialogo personale tra il cantante e la città si mescola anche tra i ricordi di piazza Cavour dove ha vissuto da giovane, la quotidianità di Altero, i colli o i frequenti momenti di raccoglimento nella Basilica di San Domenico «la chiesa Jole Melotti, la mamma di Lucio - spiega Giorgio Comaschi nel suo “A Bologna con Lucio Dalla“ un efficace itinerario dei luoghi dell’artista mescolati alle leggende e alle caratteristiche dei residenti - una signora dalla simpatia trascinante, occhi vispi e veloci, bocca a salvadanaio come il figlio». E le celebrazioni a 10 anni dalla scomparsa hanno ridato peso ad un protagonista di autentico spessore. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino