Ogni gravidanza, anche la più desiderata e la più normale, ha un lato oscuro che va conosciuto per ridurne l’insidiosità, fin dall’inizio. La...
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Consiglio pratico: vaccinarsi sempre contro il virus influenzale, soprattutto se si programma una gravidanza. E non sottovalutare le infezioni. L’età materna dopo i 35 anni triplica il rischio di eventi fatali, con un aumento ulteriore dopo i 40 anni. L’età dell’oro per avere un figlio, quando possibile, è prima dei 35 anni. Dobbiamo ridurre le anomalie di impianto e di sede della placenta, che causano la maggioranza delle emorragie gravi o fatali. Tre sono le strategie: assumere acido folico prima della gravidanza, aumentare l’accuratezza nella valutazione ecografica della placenta stessa e ridurre i tagli cesarei. Questi ultimi aumentano di 24 volte il rischio di placenta accreta, una ragione in più per fare il cesareo solo su indicazione medica. Con molta attenzione quando poi la donna desideri un secondo figlio: perché è lì che potremmo avere l’anomalia placentare grave. Attenzione anche alle complicanze legate a diabete mal controllato, a ipertensione, a sovrappeso e obesità.
Cosa devono fare i medici? Informare con cura e seguire al meglio ogni donna, fin dalla visita preconcezionale. Diagnosticare e curare le malattie preesistenti che possono aumentare il rischio di problemi, come il diabete o l’ipertensione, e curarle al meglio in gravidanza. Non devono mai abbassare il livello di attenzione. Devono aggiornarsi sempre, specie per quanto riguarda il trattamento delle emergenze ostetriche e delle anomalie placentari: in questo senso l’Associazione degli Ostetrici e Ginecologi ospedalieri italiani (Aogoi) sta facendo un lavoro titanico. Inviare tempestivamente ai centri di eccellenza le donne con gravidanze ad alto rischio e/o con anomalie placentari a rischio emorragico. E concentrando i parti in ospedali che possano avere sempre ginecologo e anestesista di guardia in ospedale, e non solo “reperibili”. Infine ben 2 donne su 10 che muoiono in puerperio hanno avuto una depressione post-partum che le ha portate al suicidio: deve crescere l’attenzione ai sintomi di allarme, anche da parte dei familiari, oltre che dei medici. L’Italia ha fatto molto per ridurre i rischi di morte da gravidanza e parto, ma può e deve fare meglio. Ogni vita di donna, e di bimbo, perduta ce lo ricorda con amarezza e dolore.
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Il Gazzettino