Cannes 75, giorni 3 e 4. Gray e gli anni '80 ma il personaggio del giorno è un asino

Cannes 75, giorni 3 e 4. Gray e gli anni '80 ma il personaggio del giorno è un asino
ARMAGEDDON TIME di James Gray (Concorso) – Nel Queens degli anni ’80, all’interno di una famiglia ebrea...

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ARMAGEDDON TIME di James Gray (Concorso) – Nel Queens degli anni ’80, all’interno di una famiglia ebrea ucraina, il giovane Paul Graff sogna di diventare un giorno un artista perché sa disegnare molto bene e ha una fervida fantasia. Ma in quegli anni ’80 è già avviato lo scenario che cambierà l’America e il mondo: Reagan sta per diventare presidente, i Trump cominciano a farsi notare, le contraddizioni di un Paese che insegue la libertà ma affonda nel plateale razzismo, a cominciare dalla comunità afroamericana. James Gray firma il suo film più personale, attraverso l’esperienza del giovane protagonista (il sorprendente Michael Banks Repeta), che sembra dialogare con i coetanei di “Licorice pizza” e quel mondo fatto di speranze. Un film che condensa la grammatica di una famiglia e di un Paese con la precisione cristallina di dialoghi densi e profondi; lo sguardo di un regista che penetra, fin da “Little Odessa”, nel cuore di tutti gli “immigrant” e infine la capacità di un regista di essere politico senza ricorrere ai manifesti. Bravissimo Anthony Hopkins nel ruolo del nonno, ulteriore figura senile di un grande attore, ormai destinato per età a tali ruoli. Voto: 8.

EO di Jerzy Skolimowski (Concorso) – Il mondo visto attraverso gli occhi di un asino. Partendo da Bresson, ma subito deragliando in una composizione per quadri non necessariamente dialoganti, Skolimowski compone una sinfonia sulla libertà (in questo caso degli animali) non prova di fascino, splendidamente catturata nelle sue più svariate forme, con stacchi a tratti decisamente sorprendenti, ma forse banalizzandosi quando affronta i comportamenti umani (il finale, decisamente infelice, con Isabelle Huppert) e accelerando insistentemente sul manifesto animalista (circhi, gabbie eccetera), già chiaro fin dalla prima sequenza. Forse andava, semmai, sviluppato di più il rapporto tra l’asino e la ragazza, forte all’inizio e poi un po’ abbandonato. Non privo di sarcasmo (a cominciare dal titolo, che echeggia il raglio), scioccante in qualche frammento violento (l’uccisione del camionista), resta indimenticabile la figura di questo asinello, “attore” straordinario, i cui primi piani riempiono lo schermo e la storia. Voto: 6.

BOY FROM HEAVEN di Tarik Saleh (Concorso) – La morte del Gran Imam spalanca le lotte interne per la successione, tra inganni, doppiogiochisti, assassini, dove a pagare come sempre è il più debole. Dal regista svedese di origine egiziana di “Omicidio al Cairo”, un altro quadro intricato sulle lotte di Potere nell’Egitto di al-Sisi. Un film ovviamente politico dal ritmo sincopato del thriller, discretamente avvincente, pur privilegiando la parola all’azione, che forse non sarà semplice comprendere totalmente negli schieramenti, a meno di non essere molto esperti in materia (un po’ come se un egiziano vedesse “Esterno notte”). Voto: 6,5.

LA NUIT DE 12 di Dominik Moll (Cannes Première) – Una didascalia iniziale ci avverte che una discreta parte degli omicidi in Francia (ma vale anche altrove) restano insoluti. Uno di questi è avvenuto nei pressi di Grenoble, dove una giovane viene assalita di notte da uno sconosciuto che le dà fuoco, uccidendola. Moll abbandona la efficace costruzione a intarsio che era all’origine del suo precedente “Only the animals”, preferendo un racconto lineare, all’interno del gruppo investigativo, dove all’indagine si sovrappongono tensioni personali. Ne esce un film piuttosto monotono che si segue senza troppa fatica ma anche senza troppo entusiasmo sapendo già che l’assassino non sarà mai trovato. Voto: 6.

 

 

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Il Gazzettino