Cannes 70, giorno 9: Dalla Russia a New York tra fughe, misteri e notturna solitudine

Cannes 70, giorno 9: Dalla Russia a New York tra fughe, misteri e notturna solitudine
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KROTKAYA di Sergei Loznitsa (Concorso) – Una donna russa col marito in carcere in una zona isolata si vede restituito improvvisamente un pacco che è solita inviare al consorte. Non avendo poi sue ulteriori notizie, decide di partire e trovare di persona la risposta che la rende ansiosa. Tratto liberamente dal romanzo omonimo di Dostoevskij, un film potente sulla decadenza assoluta di un Paese (qui rappresentato da un non luogo), privo di qualsiasi umanità e affetto da ogni forma di imbruttimento morale e fisico, visibile dalla desolazione del paesaggio, degli edifici e dei corpi; ma anche un film che riflette un’estetica meno sorprendente di altre volte (e non perché non sia un documentario, specialità della casa), esasperando le lunghezze delle scene (la prima nella taverna, ma soprattutto quella onirica del sogno) con una rappresentazione spesso convenzionale, senza affrontare le contraddizioni e le miserie della contemporaneità russa con l’originalità che speravamo. Voto: 6,5.   

 
GOOD TIME di Josh & Benny Safdie (Concorso)
– Dopo un colpo in banca mal riuscito, Connie cerca di liberare il fratello Nick, affetto da autismo, dall’ospedale dove è stato ricoverato dal carcere per un pestaggio subito dopo l’arresto. Inizia così una lunga odissea notturna sulle strade di New York, rincorsi dalla polizia. L’atteso film della nuova coppia di fratelli statunitensi (entrambi poco più che trentenni) rimastica, attraverso folgorazioni visive, scatti adrenalinici e un senso inalienabile di disperazione, tutte le suggestioni notturne di tanto cinema americano, ma i due badano soprattutto allo stupore della forma, accontendandosi di buone atmosfere aggiornate alle esigenze di oggi, ma sostanzialmente rinunciando a una scrittura robusta che dia peso ai propri personaggi. Se Robert Pattison fa definitivamente il salto verso prove attoriali ambiziose e convincenti (l’altro protagonista è uno dei dei fratelli registi, Benny), magari candidandosi per il premio come miglior attore, il protocollo del film giovanile, apparentemente innovativo, è rispettato, ma l’inganno è evidente. Ecco magari rivedere tra gli altri, cosette tipo “Collateral” farebbe forse bene. Comunque, in questo Concorso desolante, almeno ha il pregio di non annoiare. Voto: 6.

12 JOURS di Raymond Depardon (Fuori concorso) –
Entro 12 giorni i pazienti, affetti da disturbi psichiatrici, ricoverati senza il loro consenso, sono sottoposti all’esame di un giudice che deve stabilirestabilisce se sia il caso di ternerli sotto controllo o tornare in libertà. Depardon registra le conversazioni di alcuni pazienti con i rispettivi giudici, con sguardo asettico con camera frontale, in continui controcampo. I pazienti, il loro modo di raccontare le loro esperienze e le loro richieste, diventano di fatto tutto il film, che si concede, come intermezzi, inutili carrelli lungo i corridoi dell’ospedale, o i nebbiosi esterni, che danno un senso di malinconia diffuso. Un documentario interessante nella sostanza, esteticamente irrilevante. Voto: 6. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino