Brizé esplora l'altro mondo: grande film Ma Sean Penn è in fuga solo da se stesso

Brizé esplora l'altro mondo: grande film Ma Sean Penn è in fuga solo da se stesso
“Un altro mondo” è il controcanto di “In guerra”. Qui non osserviamo più la sponda...

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“Un altro mondo” è il controcanto di “In guerra”. Qui non osserviamo più la sponda operaia, ma quella dirigenziale, con Philippe, che dovrebbe far accettare ai sindacati il drastico taglio di dipendenti, per garantire alla multinazionale dove lavora, profitti adeguati alle attese. Questo peso enorme non è l’unico. Sta infatti divorziando dalla moglie, che gli chiede una rendita salatissima, e ha problemi con il secondogenito maschio, un ragazzo dalla mente vivace ma problematico. Brizé lavora molto ancora sulla parola e sui silenzi, sui diktat e sulle responsabilità: la sceneggiatura, scritta assieme a Olivier Gorce, esplora un mondo frastagliato, contraddittorio anche al proprio interno, dove i quadri dirigenziali non viaggiano all’unanimità (cosa che accadeva anche tra gli operai del film precedente), ma mettono in luce come oggi la borghesia di mezzo stia perdendo sempre più potere, anche economico, rispetto ai grandi magnate, esposta quindi ad altrettanti rischi. Il film è inevitabilmente meno potente ed esteticamente meno appassionante di “In guerra”: non ci sono manifestazioni e proteste, com’è ovvio, ma le sottili battaglie psicologiche, le insinuazioni e i doveri del ruolo, trovano sintesi adeguate nelle feroci riunioni, che nella loro apparente compostezza mettono in campo il perfido dominio di chi mantiene il vero comando. Sa mostrare l’inquietudine di un uomo, che deve affrontare amletici dubbi dirigenziali (accettare o meno una proposta allettante per non essere licenziato) e complicate traversie familiari. E il superbo Lindon fa il resto. Voto: 7,5.

UNA VITA IN FUGA - Una ragazza cresce col fratello sbattuta tra padre e madre, che si sono separati. Con l’età scopre che il tanto venerato padre non era proprio quello che sembrava. Nella caduta verticale come regista, che all’inizio aveva perfino fatto pensare a un certo talento (“La promessa”, “Into the wild”), Sean Penn si conferma in tutta la sua modestia con questo “Una vita in fuga” altrettanto sconcertante ma almeno meno brutto del precedente “Il tuo ultimo sguardo”. Passato di nuovo a Cannes il film ha la firma di un mestierante incolore, incapace di dare senso, vita e forza a storie sorrette solo dall’uso sconsiderato di canzoni, che coprono il vuoto della narrazione. Voto: 3.

 

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Il Gazzettino