Berlinale 71, giorno 5. Pericolo in famiglia poliziotti messicani e Wuhan cuore pandemia

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Festival da casa concluso. Il rumeno Radu Jude vince (ci sta) uno dei concorsi migliori, se non il migliore, da tanto tempo a Berlino. Purtroppo un festival che è come se...

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Festival da casa concluso. Il rumeno Radu Jude vince (ci sta) uno dei concorsi migliori, se non il migliore, da tanto tempo a Berlino. Purtroppo un festival che è come se non si fosse svolto.

HUMAN FACTORS di Ronny Trocker (Panorama) – Una famiglia borghese, che possiede una agenzia pubblicitaria e ha due figli, arriva in vacanza nella sua casa in Belgio dalla Germania. La moglie si spaventa per l’ingresso in casa di alcuni sconosciuti, ma l’azione non è confermata. Il marito si sta impegnando con un cliente politico populista che gli sta procurando diversi problemi (l’agenzia è presa di mira con azioni dimostrative), in un momento in cui la spinta reazionaria si fa sentire in Europa. L'altoatesino Trocker indaga sul pericolo e sulla paura, che in realtà si nutre più dei rapporti casalinghi rispetto a quelli sociali e dimostra buona sensibilità nel creare atmosfere, ma la frammentazione del racconto (tra flashback e forward) forse nuoce più che accentuare il disagio. E occhio a un topolino. Voto: 6,5.

A COP MOVIE di Alonso Ruizpalacios (Concorso) – Due poliziotti messicani seguiti nel loro svolgimento quotidiano di perlustrazione, controllo e intervento. Sembra un documentario, ma non lo è, perché poi scopriamo che i due sono attori che hanno passato del tempo a seguire le gesta dei veri poliziotti. Sembra un poliziottesco allora, ma non lo è, perché ragiona sia sulla rappresentazione che sulla realtà. Ruizpalacios si dimostra ancora una volta un regista abile e esteticamente rilevante. Forse qui il dispositivo è così scoperto da diventare forse l’unica, vera ragione del film. Ma resta un’operazione interessante. Voto: 6,5.

A RIVER RUNS, TURNS, ERASES, REPLACES di Shengze Zhu (Forum) – Wuhan in pieno Covid: le strade deserte, poi col tempo (le riprese durano un paio di mesi, sempre dallo stesso punto) qualcosa si anima. Ed ecco la città alla normalità, con le sue luci ,i suoi cantieri, la sua vita quotidiana, ma sono le immagini del pre Covid. Shengze Zhu ci porta con le sue immagini statiche dentro l’incubo, mostrando quello che si è perduto, soprattutto la serenità, la fiducia sul futuro. Lontana dalle composizioni alla Salvatores, un’opera silenziosa, senza dialoghi, sulla grande paura che ancora non ci sta lasciando. Voto: 7.

 

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Il Gazzettino