Alla Triennale di Milano gli abiti impiccati di Marras

Alla Triennale di Milano gli abiti impiccati di Marras
Per  me  la prima volta di Marras fu a Roma: nome nuovo in calendario, sconosciuto nel mondo della moda  di punta, le releases  parlavano di un giovane sardo...

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Per  me  la prima volta di Marras fu a Roma: nome nuovo in calendario, sconosciuto nel mondo della moda  di punta, le releases  parlavano di un giovane sardo  di sicuro talento,  un nome da incontrare per il mondo della critica.  E l’anno seguente l’incontro sulle passerella con la collezione di Marras confermò  il codice  di attenzione per  questo singolare non-stilista , regista-non-regista,  scrittore-non-scrittore, visionario certamente, che  nelle stagioni seguenti cambiò i codici  delle passerelle  trasformate per  i  suoi eventi in palcoscenici dove si sarebbe svolto il suo spettacolo. Perché la sua moda è sempre stata soprattutto spettacolo  o  forse più ancora racconto.  Con  “Sans titre” alla fine degli anni Novanta Marras  - entrato nell’universo del pret-à-.porter  -  ci portò  sulle nuvole  con  una collezione composta  solo di camicie bianche: camicie di  ogni genere ,  forma, tessuto , volume.  Per continuare a stupirci come creativo di Kenzo  e…oltre.  Mai modelle star per le sue sfilate (di star ne basta una: lui!); mai solo moda, ma anche mai solo poesia o solo racconto, narrazione di fatti vissuti o ascoltati nei racconti di una infanzia trascorsa  nei pressi di Alghero,  dove è nato  e dove vive  sempre alla ricerca di spunti, leggende, antiche tradizioni  della Sardegna antica  che la sua fantasia  traduce in proposte visive,  pagine  di letteratura da abbinare a un look che possa  interpretare  pezzetti di storia vera  e  frammenti di storie inventate.

Maestro di spettacolarità, autore di installazioni complesse, inedite, votato ai contrasti  ,  a immagini che lascino sempre la realtà cruda fuori  della porta per utilizzarla in ogni caso però  magari  come  elemento  scenografico.
“Perché non hai fatto il regista teatrale? ” gli  chiesi un giorno nel backstage di una sfilata che “parlava” di   ricordi di infanzia, grembiuli a quadrettini trasformati in dettagli di lusso, snodandosi tra banchi di scuola che ci aveva riservato come sedie.  Marras  ha sempre  continuato il suo  viaggiare immaginifico affidandone il racconto estetico  a oggetti di quotidianità anche banale: “ perché nella moda esprimo la mia fantasia anche di regista”.
 Ed ecco le sue mostre, le occasioni di successo , gli applausi del pubblico più sofisticato , vissuti  da lui con distacco “sardo”, fino alle esposizioni “universali” come quella bellissima presentata alcune stagioni fa a Venezia, ai Tre Oci, prova generale di abiti “impicccati”  (con amore)  che popolano anche  la grande mostra  inaugurata in questi  giorni a Milano, su 1200 metri  quadrati di Triennale, dove  resterà  aperta  fino al prossimo 21 gennaio 2017:  “Nulla dies  sine linea”,  titolo prestato da Plinio per confessare l’irrequietezza senza fine;  la  quotidianità intensa  di autore in cerca di  mondi  apparentemente inconciliabili; personaggi di storia vera sconosciuti ai più ma incisivi per la sua memoria;   il distacco dichiarato  da  concetti  di moda consueti;   le installazioni inneggianti  i contrasti della vita.

 Eclettico, imprevedibile, difficile,  esistenzialmente  solo,  questo stilista-artista,  vagabondo della cultura  che ama raccontare per raccontarsi , vive  la condizione umana riportata nel titolo della sua mostra in attesa perenne di creare  “ la più grande installazione” . Ma la grande opera che cerca esiste  già:  è lui,  Antonio Marras.

 
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Il Gazzettino