Per me la prima volta di Marras fu a Roma: nome nuovo in calendario, sconosciuto nel mondo della moda di punta, le releases parlavano di un giovane sardo...
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Maestro di spettacolarità, autore di installazioni complesse, inedite, votato ai contrasti , a immagini che lascino sempre la realtà cruda fuori della porta per utilizzarla in ogni caso però magari come elemento scenografico.
“Perché non hai fatto il regista teatrale? ” gli chiesi un giorno nel backstage di una sfilata che “parlava” di ricordi di infanzia, grembiuli a quadrettini trasformati in dettagli di lusso, snodandosi tra banchi di scuola che ci aveva riservato come sedie. Marras ha sempre continuato il suo viaggiare immaginifico affidandone il racconto estetico a oggetti di quotidianità anche banale: “ perché nella moda esprimo la mia fantasia anche di regista”.
Ed ecco le sue mostre, le occasioni di successo , gli applausi del pubblico più sofisticato , vissuti da lui con distacco “sardo”, fino alle esposizioni “universali” come quella bellissima presentata alcune stagioni fa a Venezia, ai Tre Oci, prova generale di abiti “impicccati” (con amore) che popolano anche la grande mostra inaugurata in questi giorni a Milano, su 1200 metri quadrati di Triennale, dove resterà aperta fino al prossimo 21 gennaio 2017: “Nulla dies sine linea”, titolo prestato da Plinio per confessare l’irrequietezza senza fine; la quotidianità intensa di autore in cerca di mondi apparentemente inconciliabili; personaggi di storia vera sconosciuti ai più ma incisivi per la sua memoria; il distacco dichiarato da concetti di moda consueti; le installazioni inneggianti i contrasti della vita.
Eclettico, imprevedibile, difficile, esistenzialmente solo, questo stilista-artista, vagabondo della cultura che ama raccontare per raccontarsi , vive la condizione umana riportata nel titolo della sua mostra in attesa perenne di creare “ la più grande installazione” . Ma la grande opera che cerca esiste già: è lui, Antonio Marras.
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Il Gazzettino