74 Locarno, giorni 3-4. Mandico straripa, dall'Indonesia un mélo appassionante

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AFTER BLUE (PARADIS SALE) di Bertrand Mandico (Concorso) – In un pianeta lontano, nel prossimo futuro, la giovane Roxy dissotterra una criminale sepolta nella sabbia, che torna a mietere morte. Assieme a sua madre Zora, Roxy viene esiliata, condannata a ricercare l’assassina che ha rimesso in circolazione. Mandico, con il suo riconosciuto stile delirante e barocco, del quale si ricorderà soprattutto il suo lungo d’esordio “Les garçons sauvages”, che lasciò il segno alla Sic veneziana nel 2017, dirige sostanzialmente un western pittoricamente ingombrante, tra dissolvenze e sovrapposizioni, con una trama impasticcata dalle azioni ripetitive delle due protagoniste, non senza destare ancora una volta il fascino di un lavoro eccessivo, ma anche destinando al film un percorso dove subentra un po’ di noia. Ma certo la messa in scena e la fantasia del regista restano impressionanti. Voto: 6,5.

GERDA di Natalya Kudryashova (Concorso) – Lera è una giovane donna che studia sociologia. La mamma è sonnambula, il papà se n’è andato da tempo. Nel frattempo si dà da fare come escort, ma uno spirito continua a visitarla nei sogni. Kudryashova elabora la complessità del mondo dei vivi con l’interferenza di un aldilà che sembra ritornare. Un film misterioso e a lunghi tratti affascinante, che all’inizio spiega poco e alla fine forse troppo, ma che mantiene una struttura a intarsio, dove i due mondi entrano in gioco, alimentando l’ambiguità di una percezione cangiante. Interessante operazione metafisica, nonostante una lunghezza evitabile. Voto: 6,5.

SEPERTI DENDAM, RINDU HARUS DIBAYAR TUNTAS di Edwin (Concorso) – Ajo Kawir è un giovane combattente che ha un problema serio: la sua impotenza. Si innamora di Iteung, una ragazza altrettanto battagliera, dopo aver perso con lei in uno scontro violento. Basterà l’amore, nonostante il sesso sia negato? Intanto affiorano traumi passati e la malavita irrompe continuamente nella loro vita. L’indonesiano Edwin, già noto ai grandi festival, elabora un mélo intriso di vendetta (da cui il titolo), violenza, amore infranto, desiderio e senso di colpa. Un racconto quasi vertiginoso, dai continui risvolti e agnizioni dei personaggi, che mette in discussione la fallocrazia di una società maschilista, che poggia il proprio valore sulla forza, legittimata dall’ossessione per l’organo maschile eretto, dove le donne (e non solo) devono affrontare i maschi sul loro stesso terreno per ottenere altrettanta importanza. Per ora il miglior film in Concorso. Voto: 7,5.

LA PLACE D’UNE AUTRE di Aurélia Georges (Concorso) – 1914, guerra al confine franco-tedesco. Nelie è un’infermeria al campo. Un giorno arriva la coetanea Rose, rimasta orfana, in tragitto verso la casa di una signora abbiente, amica del padre, che non la conosce. Rose muore durante un attacco, Nelie ne prende quindi l’identità. Ma un giorno, ormai consolidata la sua presenza nella casa di Madame de Lengwil, irrompe una persona del tutto inattesa. Emancipazione femminile, lotta di classe, scambio di persona, la borghesia che non sa vedere e riconoscere i propri errori: c’è molta materia, ma il film si appiattisce spesso, senza dare forza e spessore ai dubbi e agli inganni, portando il mélo a stemperarsi nelle stanze di una villa e di una società ormai vicine al crollo. Voto: 6.

 

 

 

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Il Gazzettino