74 Cannes, giorno 2. Gay e mafiosi: i due volti opposti della prigione

74 Cannes, giorno 2. Gay e mafiosi: i due volti opposti della prigione
Altri italiani sugli schermi di Cannes. Il Concorso non decolla, ma nemmeno sprofonda. Resta in una dimensione accettabile, il che per ora può essere anche trascurabile....

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

Altri italiani sugli schermi di Cannes. Il Concorso non decolla, ma nemmeno sprofonda. Resta in una dimensione accettabile, il che per ora può essere anche trascurabile. Meglio spostarsi sulla Quinzaine.

A CHIARA di Jonas Carpignano (Quinzaine) – Nel giorno del 18esimo compleanno della sorella, la quindicenne Chiara, dopo i festeggiamenti scopre che il padre è scomparso. Si mette alla ricerca, trovando un mondo pericoloso. Carpignano chiude il trittico gioiese (citando i lavori precedenti) con la sua opera più matura, trasformando l’agnizione di un genitore per la propria figlia in una specie di horror familiare e sociale (horror non è detto a caso: sonoro e messa in scena sono inequivocabili). Il mondo della mafia calabrese si apre come il vaso di Pandora e Chiara vi si addentra con la forza adolescenziale di chi vuole cambiare quel mondo. Bravissima la giovane interprete Swamy Rotolo, ma altrettanto lo sono gli altri. Chiuso tra due feste (iniziale e finale: l’incipit rimanda a “Reality” di Garrore), il film è un cupo, disperato, ma non rassegnato percorso di iniziazione alla vita, un percorso di formazione, che permette a Chiara di stabilire una posizione precisa sulla propria famiglia e sulla società. Bella l’idea di incorporare nel titolo una specie di dedica. Voto: 7.

GROSSE FREIHEIT di Sebastian Meise (Un certain regard) – Hans Hoffman è omosessuale. Ha conosciuto i campi di concentramento durante la guerra e dalla sua fine fino al 1994, anno in cui è finalmente decaduto il famigerato paragrafo 175 del codice penale tedesco che condannava i rapporti omosessuali, è rimasto quasi totalmente incarcerato. Chiuso tra le mura di prigioni brutali e carcerieri disumani, il film dell’austriaco Meise guarda in maniera esplicita al capolavoro di Jean Genet “Un chant d’amour” (si vedano i filmati all’aperto, indubbia citazione) dove la violenza si alterna alla disperata ricerca di una carnalità erotica esplosiva, che possa realizzare non solo il desiderio. Sul corpo (anche svelato) di Franz Rogowski, attore petzoldiano per eccellenza e sempre più bravo, passa il calvario di una umanità condannata senza colpe, in un film ferocemente fisico. Notevole l’ambiguo finale, nel quale il protagonista, acquisita finalmente la libertà, scopre che la gabbie non sono ancora state eliminate, compiendo un gesto che fa discutere. Voto: 7.

LINGUI di Mahamat-Saleh Haroun (Concorso) – Nella periferia della capitale del Ciad,    la giovane figlia di Amina resta incinta. Maria vorrebbe abortire, ma le leggi del suo Paese lo vietano. Il tema è importante, la vicenda decisamente politica, il pauperismo e la povertà danno quel tocco che piace ai caritatevoli occidentali, specie ai festival, ma qui il film davvero è insalvabile: modesta sceneggiatura, debole la drammaturgia, evanescente l’insieme del racconto, che non trova nemmeno forza nei momenti più duri e violenti. Voto: 5 (perché la sincerità merita generosità).

 

Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino