69 Berlinale, giorno 7. La paranza è ricca Giovannesi fa grande cinema coi suoi bambini

69 Berlinale, giorno 7. La paranza è ricca Giovannesi fa grande cinema coi suoi bambini
Siamo praticamente alla fine, il Concorso è terminato (viene da aggiungere per fortuna). In attesa dei verdetti, sperando di non trovare troppe spiacevoli sorprese. ...

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Siamo praticamente alla fine, il Concorso è terminato (viene da aggiungere per fortuna). In attesa dei verdetti, sperando di non trovare troppe spiacevoli sorprese.



LA PARANZA DEI BAMBINI di Claudio Giovannesi (Concorso) - “La paranza dei bambini” è tratto da un romanzo di Roberto Saviano ed è molto bello. È uno dei pochi film che quest’anno meritano di essere in Concorso alla Berlinale, mai così in basso come opere proposte. Si svolge a Napoli ed è la storia di 6 ragazzini che si organizzano per controllare il territorio, in uno dei quartieri più compromessi dalla camorra, fare soldi e godersi la vita, che fino ad ora, nonostante la giovane età, non ha concesso loro nulla e non promette nemmeno di darlo in seguito.
Se all’apparenza potrebbe perfino far pensare a un film debole, perché dei cliché alla Gomorra il nostro sguardo sembra non poterne ormai fare a meno, in realtà il ribaltamento di prospettiva e una lettura più intimistica che sociologica, porta Claudio Giovannesi a firmare, oltre a un lavoro intenso e emozionante, una specie di controcanto di tutti i romanzi di formazione volta alla criminalità, asciugandone la portata nevralgica degli spari, del sangue e dei cadaveri e affrontando ancora una volta il suo tema preferito: l’innocenza dei personaggi, come lo erano Alì e la Dafne di “Fiore”, chiamati a compiere anche atti sbagliati in contesti decisamente ostili, come conseguenza di una realtà durissima.
Giovannesi vuole bene ai suoi personaggi: non ha una morale manichea, ne comprende gli atti e si limita a offrirli allo spettatore, senza giudicare. D’altronde basta pensare stavolta a Nicola, il capo di questa baby gang, che ha il volto angelico di Francesco Di Napoli, che a bordo del suo scooter guida il gruppo lungo i vicoli del rione Sanità. I suoi sogni di potere servono a far togliere il pizzo alla mamma, a liberare dallo stesso i venditori della piazza, avere un futuro con la sua ragazza magari da qualche altra parte più sicura e bella del mondo; e quando c’è da discutere spesso non va oltre a cose da adolescenti. Sono giovani abbandonati: dai padri, dalle famiglie, dalla città, dallo Stato. E sanno che la loro attrazione per il benessere e i desideri della società dei consumi comporta rischi immensi.
Cosa colpisce allora di questa paranza, termine che viene dalla pesca e indica una raccolta a strascico? La capacità di Giovannesi di scandagliare non la pratica gomorristica, l’effetto tellurico delle contrapposizioni più violente, ma di saldarne il desiderio attraverso la percezione di un mondo che non dà scampo, quella fibrillazione che ti permette di sentirti meno solo, meno vulnerabile, come se con il tuo mucchio selvaggio trovassi una ragione e una via di uscita da tutta questa infida quotidianità.
Così il percorso di crescita si fa interiore, non per questo meno feroce, non per questo meno doloroso (si pensi al finale, con bambini sempre più bambini pronti a sostituire Nicola e gli altri), come se l’induzione al benessere potesse bruciare di più le tappe di una adolescenza morta ancora prima di fiorire. Voto: 7.5.
SO LONG, MY SON di Wang Xiaoshuai (Concorso)
- Nell'arco del tempo che va dalla Rivoluzione culturale ai tempi nostri, le vite intrecciate di alcuni personaggi, divisi in due famiglie, si susseguono ai cambiamenti della Cina. Wang Xiaoshuai non è Jia Zhang-ke e quindi il racconto storico di un Paese travolto dai cambiamenti non diventa mai significativamente politico. Qui semmai siamo più dalle parti del melodrammone vicino a Matarazzo. Montato con un'alternanza degli avvenimenti, che all'inizio confonde e poi sembra in realtà un mezzo per annoiare meno, dura tra l'altro l'esagerazione di tre ore. Voto: 5.

FISH TAKE OFF di Deniz Cooper (Perspektive)
- Una pesciolino d'oro è morto. Una ragazza si aggira per le calli di una Venezia surreale e fantasmatica, facendo degli strani incontri. Dimora all'hotel Danieli e alla fine non vuole pagare il conto. Un divertissement spiazzante e curioso, esteticamente coerente, girato con pochi mezzi, anti-narrativo, ma che alla fine sconcerta meno di quanto diverta. Tra gli attori di questo film tedesco girato in laguna, il venezia Alessandro Bressanello. Voto: 6.

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Il Gazzettino