35° Torino Film Festival/3 - Torre perdente e una morte di Stalin tutta da ridere

35° Torino Film Festival/3 - Torre perdente e una morte di Stalin tutta da ridere
Si può ridere anche di un tiranno (reale) e soprattutto della sua morte, si può restare perplessi davanti a un’operazione che riguarda un altro uomo di...

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Si può ridere anche di un tiranno (reale) e soprattutto della sua morte, si può restare perplessi davanti a un’operazione che riguarda un altro uomo di Potere, ma inventato. Giornata tra alti e bassi al Torino Film Festival.

THE DEATH OF STALIN di Armando Iannucci (Concorso) – La morte di Stalin e la lotta per la sua successione, nella Russia di Malenkov e Kruscev, Molotov e Beria. Da una graphic novel francese, una specie di ilare e corrosiva black comedy, dove la risata si spegne nel verso senso della tragedia di un popolo (ma anche di uomini di potere) costretti a vivere nel sospetto e nella paura. Lo scozzese Armando Iannucci fa centro con un film molto divertente, anche grazie a un cast perfetto, dal Kruscev di Steve Buscemi, lo stratega che ne esce con un’immagine devastata, al Beria di Michael Palin dei Monty Python. In Italia uscirà col titolo “Morto Stalin, se ne fa un altro". Voto: 6,5.
LES AFFAMÉS di Robin Aubert (After hours)
– Un gruppo di sopravvissuti, nella campagna canadese isolata cerca di respingere l’assalto di zombie. Un film basico, che si salva grazie a una regia talentuosa, che riesce a ricavare da una storia ormai logora un interesse notevole e un fascino non comune. Accurato l'uso del fuori campo. Insomma: niente di nuovo, ma girato con abilità. Voto: 6.
​EN ATTETENDANT LES BARBARES di Eugène Green (Onde)
– Dopo gli zombi, la minaccia al mondo arriva dai nuovi barbari. Sei personaggi in fuga, ai tempi nostri, si rifugiano in un castello, cercando la protezione del Re. Nato da un laboratorio di recitazione a Tolosa, l’ultimo film di Green, quasi tutto a camera fissa, è un dialogo incessante tra arte e vita, letteratura e storia. Affascinante nella sua sospensione, austero nella messa in scena. Voto: 6,5.

RICCARDO VA ALL’INFERNO di Roberta Torre (After hours)
– Riccardo (Massimo Ranieri) torna a casa, nella periferia romana, dopo le cure psichiatriche. E inizia una sanguinosa lotta per il potere nel clan dei Mancini, dove a governare tutto è la Regina madre (Sonia Bergamasco). Il Riccardo III scespiriano riletto in una chiave grottesca, dark e pop al tempo stesso, dove la scena barocca inghiotte tutto. Un’operazione che scivola dalle mani di Roberta Torre, senza trovare lo stesso equilibrio che fece invece di “Tano da morire” qualcosa di divertente e geniale. A salvarsi è solo la musica di Mauro Pagani, il resto affonda in un contesto pacchiano che non diventa mai visionario sul serio. E il vero inferno è un’altra cosa: qui la crudeltà si ferma all’apparenza. Voto: 4.

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Il Gazzettino