Urticanti, alcune perfino mortali, altre quasi innocue, ma anche belle, buone (da mangiare) e perfette, evolutivamente parlando. Sono le meduse, abitanti ormai numerose dei nostri...
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Queste le conclusioni del progetto italiano ‘Occhio alla medusa’ che ha coinvolto nello studio di questi organismi e affini nel Mediterraneo i cittadini grazie alla possibilità di inviare segnalazioni attraverso la rivista Focus. Dal progetto emergono numeri significativi: si è passati da circa 300 (2009) avvistamenti di meduse ai circa 3000 (2015) e da 140 circa avvistamenti di proliferazioni a più di 1200. La distribuzione sulle coste italiane dipende dalle specie che trovano habitat più favorevoli in zone diverse.
"Tutti i nostri mari - spiega all’Adnkronos Ferdinando Boero, professore di Zoologia all’Università del Salento, associato a Cnr-Ismar - sono interessati dalla presenza di meduse (anche se la parola giusta sarebbe: macrozooplancton gelatinoso). Alcuni di questi animali non pungono e non sono meduse, ma sono grossi e sono gelatinosi. La gente li chiama, comunque, meduse. Pelagia, molto urticante, sta bene dove ci sono acque profonde, soprattutto nel Tirreno. Anche Velella, la barchetta di San Pietro, sta bene in acque profonde, soprattutto nel Mar Ligure. Altre si trovano prevalentemente nel Nord Adriatico come Aurelia".
Poi ci sono quelle aliene. "Una l’abbiamo descritta noi - spiega il ricercatore che ha curato il progetto ‘Occhio alla medusa’ - Pelagia benovici. Probabilmente arrivata con le acque di zavorra delle navi. E’ apparsa abbondantissima in inverno in alto e medio Adriatico, poi è scomparsa. Probabilmente le popolazioni originali sono in un posto dove nessuno ha mai studiato le meduse".
Affascinanti ma, alcune, decisamente pericolose. "Alcune possono iniettarci veleni mortali, ma in Mediterraneo c’è stato solo un caso fatale, dovuto alla Caravella Portoghese, che non è una medusa ma un sifonoforo.
Il Gazzettino