Ragazza venduta per 10mila euro e ridotta in schiavitù, condannata la sfruttatrice

Lei, 20 anni romena, viveva a Tuscania. La madre aveva denunciato la scomparsa

Domenica 25 Giugno 2023 di Maria Letizia Riganelli
Ragazza venduta per 10mila euro e ridotta in schiavitù, condannata la sfruttatrice

Venduta per 10mila euro e resa schiava del sesso: 12 anni e mezzo di reclusione per la “carceriera”.

Si è concluso così, nei giorni scorsi, il processo celebrato nell’aula bunker di Roma, per sfruttamento della prostituzione e riduzione in schiavitù, che era scaturito da un’indagine del Nucleo investigativo dei carabinieri del comando di Viterbo.

Sei gli imputati a processo: una donna che gestiva il traffico di prostituzione e cinque uomini. La Corte d’Assise della Capitale ha condannato tutta la banda, la donna considerata il capo a 12 anni e mezzo di carcere.

L’INDAGINE
La mamma della ventenne romena, nell’estate del 2019, si presentò nella stazione dei carabinieri di Tuscania denunciando la scomparsa della figlia, della quale non aveva notizie da diverso tempo. Poco dopo raccontò agli investigatori che aveva saputo che la figlia era stata portata dal fidanzato prima in Inghilterra e poi in Romania, da qui in Italia, dove sarebbe stata avviata alla prostituzione nella zona Nord-est della capitale. La Direzione distrettuale antimafia di Roma, quindi, ha delegato le indagini al Nucleo investigativo di Viterbo che, attraverso complesse attività, anche con l’attivazione di canali di cooperazione internazionale delle forze di polizia, ha accertato che la giovane della quale era stata denunciata la scomparsa, una volta condotta in Italia, era stata letteralmente venduta dal fidanzato, per la somma di 10mila euro, ad una donna rumena che, a Roma, gestiva la prostituzione di diverse altre donne straniere. La ragazza, per potersi affrancare e restituire alla “padrona” i 10mila euro spesi, avrebbe appunto dovuto lavorare come prostituta.

L’UDIENZA
Nell’ultima udienza era stato ascoltato il ragazzo che tentò di liberare la vittima, la quale avrebbe un lieve deficit cognitivo. Il ragazzo, che si era innamorato di lei, aveva tentato di liberarla, ma gli aguzzini avevano preteso da lui la somma di 8 mila euro per riscattarla. Al suo rifiuto, lo avevano minacciato ma lui era riuscito a scappare. In realtà era stata poi la ventenne a cercare, per ben due volte, a fuggire dalla casa dell’orrore, anche se tutte le volte era stata ritrovata e rinchiusa. E poi drogata, picchiata e costretta alla prostituzione.

I giudici hanno anche ascoltato anche una delle “colleghe”. Gli investigatori, infatti, seguendo la ventenne hanno scoperto che insieme a lei si prostituivano altre sei ragazze, ma nessuna di loro (a differenza di quella residente a Tuscania) era stata ridotta in schiavitù. Non solo, grazie a meticolose attività gli investigatori hanno potato alla luce “il posto”, una piccola porzione di marciapiede che le ragazze usavano per prostituirsi. “Posto” di proprietà della sfruttatrice imputata nel processo e assistita dall’avvocato Andrea Palmiero.

«La Corte - spiega il difensore - ha ritenuto provato l’assoggettamento e la costringimento anche in virtù del deficit della ragazza, considerata soggetto fragile. Nonostante la vittima non sia mai venuta in aula a testimoniare. Ovviamente presenteremo appello».

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