The day after di PopVi, Berlato:
«Azzerare il cda della banca»
Confconsumatori: ora fare causa

Martedì 3 Maggio 2016
The day after di PopVi, Berlato: «Azzerare il cda della banca» Confconsumatori: ora fare causa
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VICENZA - Il flop in borsa della Popolare di Vicenza, cui è stata negata l'ammissione alle negoziazioni per lo scarsissimo appeal del mercato e dei suoi stessi soci e risparmiatori, e che ha anche trascinato al ribasso altri titoli di piazza Affari, è al centro delle polemiche. Il consigliere regionale Sergio Berlato, di Fratelli d'Italia, chiede la testa dei vertici, quindi Dolcetta, Iorio e tutto il cda: «Per restituire credibilità alla Banca Popolare di Vicenza bisogna azzerare completamente il consiglio di amministrazione per segnare la netta discontinuità con la vecchia gestione, attivare l'azione di responsabilità nei confronti dei vecchi amministratori e procedere al sequestro cautelativo dei loro beni da utilizzare come garanzia per la restituzione dei risparmi sottratti agli azionisti della banca, vittime di una gestione alquanto discutibile».

A Roma, Daniele Capezzone, deputato di Conservatori e Riformisti, prende lo spunto per criticare le linee "bancarie" del governo e affermare che «il progetto Atlante è partito malissimo. E non mi riferisco solo alle reazioni del mercato. Ma, anche al di là di questo, siamo dinanzi a un mostro giuridico ed economico». Secondo Capezzone «la governance è finto privata, ma con un ruolo pubblico che è evidente a tutti. Un mostro economico perché rischia di far rientrare dalla finestra il bail out (salvataggio da insolvenza), e com'è già successo di mettere a carico della parte sana del sistema bancario il salvataggio e il soccorso permanente a quella malata e mal gestita. Il costoso 'cerotto' usato per tamponare Vicenza, oltre ad alimentare la tendenza a un interventismo pubblico in economia a cui Renzi (sbagliando, proprio come i suoi predecessori) non rinuncia, si mostra inadeguato perché la dotazione di denaro è scarsa, ma il contagio può ancora estendersi. Il guaio dello statalismo è questo: come ammoniva la signora Thatcher, ad un certo punto i soldi degli altri finiscono».

Insiste anche il deputato di Forza Italia Renato Brunetta: «Fondo Atlante, ennesima débacle per il governo. Da quando il ministro Padoan ha messo mano alla questione delle banche, ha inanellato una serie di errori degni di un economista alle prime armi. La Banca Popolare di Vicenza è stata esclusa dalla quotazione in Borsa in quanto gli azionisti che avrebbero dovuto sottoscrivere l'aumento di capitale si sono tirati indietro, nonostante la garanzia offerta dal fondo miracoloso, che anziché attrarre investitori li ha fatti fuggire a gambe levate».

«Come al solito ad andarci di mezzo sono i piccoli risparmiatori. Quelli che pagano più di tutti la mancata quotazione in Borsa della Popolare di Vicenza» denunciano i parlamentari veneti del M5S. «I piccoli risparmiatori hanno visto le loro azioni dapprima ridursi da 62,5 a 6,30 euro. E poi quasi azzerarsi a 0,10 centesimi. Ora sono intrappolati nella proprietà di una banca che ormai vale poco o nulla. Non hanno nemmeno - aggiungono i pentastellati - un mercato per uscire dall'azionariato o, eventualmente, per acquistare nuovi titoli e così abbassare il valore di carico della partecipazione». «Bisogna andare a fondo nelle malefatte che hanno contraddistinto la gestione dell'istituto durante l'era Zonin. Il problema è che le nostre autorità nazionali di vigilanza, Bankitalia in testa, hanno avuto rapporti troppo stretti, diremmo incestuosi, con la banca vicentina e il regolatore non può agire bene se si trova in conflitto di interessi.

Dobbiamo mandare a casa un governo che consente alle banche di fare il bello e il cattivo tempo».

In campo anche Confconsumatori, che dice: «Di fronte a titoli azzerati, l'unica alternativa è la causa». «Il buon esito dell'aumento di capitale della Bpvi, sottoscritto essenzialmente dal Fondo Atlante - osserva Mara Colla, presidente dell'associazione - garantisce la salvezza della banca e dei suoi correntisti ed obbligazionisti. Il fallimento del tentativo di quotazione in Borsa, invece, ha come conseguenza diretta che le azioni detenute dai circa 117.000 azionisti ormai non hanno purtroppo più alcun valore. A questo punto l'unica alternativa per gli azionisti, rispetto alla perdita totale del capitale investito è avviare il tentativo di conciliazione obbligatorio, per poi poter introdurre la causa, laddove la banca non ritenga di voler conciliare». A giudizio di Confconsumatori risulta «ormai indispensabile chiedere ai Tribunali civili di accertare l'invalidità dei contratti di acquisto sottoscritti dai risparmiatori», perché «il valore delle azioni negli scorsi anni è stato dolosamente gonfiato; agli azionisti sono stati presentati bilanci che non riflettevano il reale valore del patrimonio netto della banca; le modalità di collocamento in taluni casi hanno violato norme inderogabili del Tub, perché sono state vendute azioni a risparmiatori con un profilo di rischio non coerente; in altri casi le azioni sono state venduta in concomitanza con la concessioni di prestiti e mutui; in altri casi vi sono stati vizi formali negli adempimenti obbligatori a cui la banca era tenuta».

Ultimo aggiornamento: 14:20 © RIPRODUZIONE RISERVATA