Popolare Vicenza, prestiti congelati:
il rischio è un buco da un miliardo

Sabato 25 Giugno 2016 di Giuseppe Pietrobelli
Popolare Vicenza, prestiti congelati: il rischio è un buco da un miliardo
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In ballo c'è una torta di oltre un miliardo di euro, soltanto nella Banca Popolare di Vicenza. Ma la posta è ripetibile, con cifre più contenute, anche per Veneto Banca. Questa montagna di soldi è costituita dalle “baciate”, operazioni di finanziamento dei clienti da parte della banca e contestuale acquisto di azioni della banca stessa da parte dei clienti. E' su questa trincea delle cause civili, per cercare di salvare il salvabile e recuperare qualcosa dopo il crollo del valore delle azioni, che si assesta la resistenza dei soci e dei risparmiatori maggiormente esposti. Soprattutto dopo che il giudice Anna Maria Marra, della Sezione specializzata in materia di Impresa del Tribunale di Venezia (funzionalmente competente), ha accolto il ricorso d'urgenza di due imprenditori orafi, congelando le “baciate”, in attesa del giudizio di merito.
Cosa accadrebbe se la linea interpretativa dovesse affermarsi? I più noti studi legali, in Veneto e in Friuli, stanno guardando con grande attenzione al palazzo di giustizia di Venezia perchè è lì che si deciderà il destino di una massa enorme di debiti e azioni che ora non valgono quasi nulla, con evidenti effetti sui bilanci delle due banche. E' dal ricorso d'urgenza ex articolo 700, protocollato nel registro generale con il numero 10396/2015, che si deve partire per capire cosa può accadere. L'ordinanza del giudice Marra è un sasso in uno stagno, peraltro non troppo calmo. E' stata ottenuta perchè in questo caso era stata espressa “l'intenzione di richiedere il rientro dei passivi” ai due clienti. Da mesi la Popolare di Vicenza ha avviato trattative con i clienti più esposti sulle cosiddette “baciate” ed è arrivata ad offrire uno sconto del 70 per cento, per incassare qualcosa come 300 milioni di euro. Ma adesso la decisione del giudice può far arenare le trattative in corso, visto che se la tesi verrà confermata nel merito, tutti i contratti a monte diventerebbero nulli.
Il caso dei due imprenditori (debiti per 9 milioni di euro) è esemplare di come funzioni il sistema delle “baciate”. Sono titolari di quattro conti correnti. Il primo, aperto il 20 dicembre 2011 nella forma dell'elasticità di cassa fino a 7 milioni 150 mila euro, dopo 11 giorni aveva un saldo negativo di 3 milioni 131 mila euro per la sottoscrizione di azioni della Banca Popolare di Vicenza. Un anno dopo il saldo negativo era stato aggravato da 108 mila euro di interessi passivi. Nel giugno 2013 è stato addebitato un milione 460 mila euro per l'acquisto di altre azioni, circostanza che si è ripetuta anche per obbligazioni convertibili in azioni. A fine agosto 2014 vengono comperate ancora azioni per un milione 500 mila euro e sottoscritte azioni di una Sicav per altri 300 mila euro. Con cifre diverse il meccanismo si ripete negli altri conti. Su uno di questi vengono addirittura accreditati 460 mila euro per vendita di azioni di Veneto Banca e nello stesso giorno dell'incasso viene effettuato un acquisto di azioni di PopVi per 462 mila euro. Impossibile non pensare che la vendita delle prime sia servita a finanziare l'acquisto delle seconde.
I due imprenditori hanno anche sostenuto che “gli acquisti o sottoscrizioni di azioni, nonché gli acquisti di obbligazioni convertibili in azioni della Banca, siano avvenute a loro insaputa ovvero su specifica indicazione e pressioni dei funzionari della medesima”. Il giudice, viste le prove insufficienti, attribuisce “scarsa verosimiglianza” a queste insinuazioni. Ma è chiaro che in una causa di merito le circostanze (sostenute da migliaia di altri clienti indotti o convinti a comperare azioni) aprirebbero scenari imprevedibili, anche di natura penale.
Per ora è su un'altra linea che la banca è stata stoppata, ovvero sul mancato rispetto dell'articolo 2358 del Codice Civile. Esso pone delle condizioni per derogare al divieto di una banca di accordare prestiti per l'acquisto di azioni proprie: ovvero una relazione su rischi e benefici, l'attestazione che l'operazione avvenga a condizioni di mercato e soprattutto l'approvazione dell'assemblea straordinaria, con iscrizione in bilancio di una riserva indisponibile di ammontare pari a quello del prestito. Questa sottoscrizione, per 974,9 milioni di euro nel “Fondo per acquisto azioni proprie” è avvenuta solo al 30 giugno 2015, dopo la visita ispettiva della Banca Centrale Europea. Alla luce di questo fatto, i due imprenditori chiedono, con la causa, la nullità degli investimenti effettuati in violazione di legge e degli acquisti di azioni. Per il giudice la richiesta non è campata per aria, anzi c'è la possibilità che nel merito venga accolta. Per questo ha inibito la banca a chiedere il pagamento dei saldi passivi.
Al momento si è arrivati fin qui. Ma cosa accadrebbe se tutte le “operazioni baciate” venissero annullate per sentenza? Sarebbero azzerati i contratti di finanziamento e quindi verrebbero meno i debiti dei clienti nei confronti della banca. Ma sarebbe nullo anche l'acquisto delle azioni (il cui valore è nel frattempo crollato da 62,5 euro a pochi centesimi di euro) che dovrebbero essere restituite alla banca. Se il debito del cliente viene estinto, nel conto economico si ha una perdita di bilancio. Ma il ritorno delle azioni avrebbe effetti anche sullo stato patrimoniale.
Ultimo aggiornamento: 26 Giugno, 09:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA