Il "no" a valanga in Altopiano: «Terra di confine, patiamo i privilegi trentini»

Mercoledì 7 Dicembre 2016 di Claudio Strati
Il sindaco Roberto Rigoni Stern con il presidente Mattarella durante la sua recente visita estiva
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ASIAGO - I Sette Comuni compatti per il "no". E che compattezza: maggioranze bulgare, spesso ben sopra il 70 per cento. Un'arrabbiatura sociale collettiva ha portato gli elettori ad affossare la riforma costituzionale? L'inviato della Stampa Mattia Feltri ha disegnato un affresco del voto in cui la Costituzione non c'entrava per nulla. Invece le cause sarebbero un po' di immigrati, lo stop dell'edilizia, la voglia di mandare via Renzi perché, ha spiegato un avventore in un bar di Foza, «me sta sue bae». Votando il no, però, hanno garantito tante poltrone romane ma si sfogano con il giornalista, all'osteria Tre Scioppi, dicendo che «quei mille parlamentari li faremmo diventare quattro a schiaffoni».

Sfoghi poco produttivi. Ma per il sindaco Roberto Rigoni Stern non è così. L'Altopiano, dice, ha visto in pericolo quell'autonomia che sta nel suo dna storico: «Penso che la ragione di questo "no" così robusto stia in una ragione molto semplice - spiega l'avvocato primo cittadino asiaghese - e cioè nella clausola di supremazia della proposta referendaria. Noi non possiamo pensare che la Regione Veneto rimanga compressa negli equilibri con il vicino Trentino. Già ci sentiamo penalizzati e diversi, la clausola di supremazia avrebbe acuito la disuguaglianza. Proviamo a pensare: magari decidono sulle nostre teste che qui si fa una centrale elettrica. Invece i nostri amici trentini possono decidere tutto in autonomia, con nessuno a sindacare le loro scelte».

Autonomia messa in pericolo... «E' la nostra tradizione storica - sottolinea Rigoni Stern -. Con la Serenissima avevamo anche una nostra milizia, uno stato nello stato. Si capisce perciò il senso del voto: un'espressione contro il centralismo romano che hanno voluto esternare i nostri concittadini, per evitare un'ulteriore dipendenza del loro territorio periferico».

Ma lei si è riconosciuto in quello che è emerso dai servizi di alcuni inviati? E Il sindaco di Roana Valentino Frigo poi che spiega il "no" con il blocco dell'edilizia in Altopiano...
«Non credo alla validità delle interviste nelle osterie. Frigo, nel cui comune ci cono state colossali colate di cemento per enormi quantità di metri cubi, non è più credibile. Quel modello è stravecchio, Asiago invece deve coltivare una vocazione turistica, agroalimentare, smetterla con la cementificazione. Noi stiamo seguendo questa strada da quindici anni e abbiamo avuto ragione. Abbiamo bloccato le cementificazioni, abbiamo rischiato ma ce l'abbiamo fatta. Dobbiamo pensare a un territorio per le future generazioni. Ad Asiago oggi abbiamo 800 contadini. E qualcuno ragiona ancora sulle entrate dagli oneri di urbanizzazione?».

Cioè il mercato delle seconde case, che ha pure fatto danni ambientali, è oggi in disuso?
«Le dico solo una cosa. Abbiamo difficoltà a chiudere il bilancio perché mancano 280 mila euro dall'Imu delle seconde case. I proprietari non riescono più a venderle né a pagarci le imposte relative. Ovvero i padroni di seconde case non hanno pagato Imu per 280 mila euro. No, non mi riconosco neanche lontanamente nelle risposte all'inviato di quel giornale. Altro che edilizia. Noi nel 2017 facciamo partire venti milioni di appalti ad Asiago. Abbiamo fatto una fatica terribile a trovarli, tra fondi di confine, dismissioni e così via, ma ora abbiamo pacchetti da investire su impianti sciistici, ambiente, ciclopiste, parcheggi sotterranei. A fianco dei giovani produttori che si sono messi in proprio a coltivare piccoli frutti o a produrre formaggio e che possono crearsi un loro benessere con il turismo e i visitatori. E sappiamo purtroppo che, se possiamo fare qualcosa nelle infrastrutture, non saremo mai competitivi con i trentini nel sostegno alle famiglie, al sociale, al lavoro. Settori a cui dovremo anche rivolgere attenzione».
Ultimo aggiornamento: 23:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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