VENEZIA - Era stato presentato in librerie, studi televisivi, auditorium. Ma per la prima volta ieri L'inferno di Ponte di Nanto (Mazzanti Libri), il dramma del benzinaio Graziano Stacchio e del gioielliere Robertino Zancan raccontato dal poliziotto Paolo Citran, è entrato a Ferro Fini. «Qui dove la voce diventa concretezza per risolvere certi problemi», ha rimarcato con una certa dose di ottimismo l'uomo che dal 3 febbraio 2015, quando sparò all'auto di cinque rapinatori ferendone uno a morte (e venendo per questo indagato, ancorché poi prosciolto), è diventato il simbolo della battaglia nazionale per la legittima difesa.
Pressoché solo di centrodestra i consiglieri regionali in platea: forzisti, leghisti, zaiani, tosiani; per la coalizione di centrosinistra, soltanto Pietro Dalla Libera (Veneto Civico). «E questo mi dispiace, perché la sicurezza non dovrebbe essere né di destra né di sinistra», ha confidato Stacchio, dopo aver rievocato ancora una volta l'angoscia di quella sera e la preoccupazione dei giorni successivi: «Quando ti succedono quelle cose, ti cade il mondo addosso, ti senti morire dentro. Ma poi le istituzioni ti guardano anche male, perché hai sparato, mentre è perfino il Papa a dire che la violenza va combattuta. Così non va, la legge sulla legittima difesa deve essere cambiata».
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