Una decisione salomonica.
Il Vaticano spiega che si tratta di udienze umanitarie e non politiche. «Con questi incontri, di carattere esclusivamente umanitario, Papa Francesco vuole manifestare la sua vicinanza spirituale alle sofferenze di ciascuno, perché, come già affermato al termine della recita dell’Angelus domenicascorsa, “Ogni essere umano, che sia cristiano, ebreo, musulmano, di qualsiasi popolo e religione, ogni essere umano è sacro, è prezioso agli occhi di Dio e ha diritto a vivere in pace.»
Subito dopo il pogrom antisemita del 7 ottobre, un gruppo di familiari di coloro che sono stati sequestrati dai terroristi e portati a Gaza era arrivato a Roma per vedere personalità istituzionali e tenere vita l'attenzione sulla sorte dei 230 ostaggi. La missione a Roma era stata organizzata da esponenti della comunità ebraica che hanno bussato in Vaticano per fissare una udienza con il Papa. La risposta ricevuta sembra sia stata piuttosto formale e gelida: i troppi impegni sinodali avrebbero impedito al pontefice di realizzare questo appuntamento. In quei giorni era effettivamente in corso il sinodo nell'Aula Paolo VI, tuttavia l'attività di governo di Francesco è sempre continuata in parallelo e non gli ha mai impedito di ricevere vescovi, capi di Stato e altre personalità.
A questo episodio inspiegabile se ne è aggiunto un altro, stavolta di diversa natura ma essendo capitato in sequenza, ha contribuito a creare confusione e alimentare un giallo. Due settimane fa il Papa ricevendo un gruppo di rabbini europei ha volutamente fatto saltare il suo discorso (e di conseguenza quello dell'ospite), dicendo che non stava bene, salvo poi leggere un lungo testo all'udienza successiva e nel pomeriggio trascorrere ore con migliaia di ragazzi arrivati da tutto il mondo e la sera battezzare pure un bambino ucraino. Questo episodio non ha di certo contribuito a chetare le acque con il mondo ebraico già increspate da alcune prese di posizione dei Patriarchi della Terra Santa sul conflitto palestinese giudicate troppo sbilanciate.
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I familiari degli ebrei sequestrati torneranno a Roma la prossima settimana. Il cardinale Pietro Parolin ha ventilato questa possibilità stamattina parlando a margine di un convegno all'ambasciata italiana presso la Santa Sede. Ha poi espresso «sconcerto e turbamento» per la guerra ripetendo che la «guerra non è il mezzo di risoluzione dei conflitti» e rilanciando la soluzione dei «due popoli, due stati» con Gerusalemme «città di tutti, non di qualcuno». Ha infine lanciato un appello per la «Liberazione degli ostaggi» e «Cessate il fuoco».
«Vorrei insistere e ripetere l'appello che il Papa ha fatto più volte, in ogni suo intervento dal 7 ottobre: liberare gli ostaggi è un punto chiave per risolvere la situazione. Ci sono bambini, anche neonati, donne incinte, anziani, adulti, giovani, non solo israeliani ma anche di altri popoli e nazionalità. Credo che questo sia un punto chiave per tentare di sbloccare la situazione». Sull'Ucraina, invece ha fatto sapere: «Il Papa andrà a Kiev se potrà andare anche a Mosca».