Città del Vaticano - Dopo mesi di silenzio, davanti alla sorte del vescovo del Nicaragua (condannato a 26 anni di carcere perchè si è rifiutato di essere esiliato negli Stati Uniti assieme ai 222 prigionieri politici fatti salire su un aereo diretto negli Usa dal dittatore Ortega), Papa Francesco ha perso la pazienza condannando con forza, durante l'Angelus, le violenze reiterate che da tempo scuotono il paese latinoamericano. «Non posso qui non ricordare con preoccupazione il vescovo di Matagalpa, monsignor Rolando Alvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere e anche le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara nazione. E chiedo a voi la vostra preghiera.
In questi anni segnati da una repressione mai vista contro la Chiesa in Nicaragua, costata espulsioni (persino al nunzio apostolico), intimidazioni,senza escludere la galera a vescovi e religiosi, Papa Francesco aveva scelto di optare per il dialogo sotterraneo anche se finora non ha dato frutto.
Da quando i sandinisti sono diventati il partito al potere nel 1979 la Chiesa cattolica ha subito ciclicamente intimidazioni, persecuzioni e abusi, ed è stata accusata di cospirare contro Ortega. Un po' di tempo fa Ortega aveva persino sbeffeggiato il Papa dicendo che in Vaticano «c'è una tirannia perfetta»
La situazione in via di peggioramento in Nicaragua è stata evidenziata da molte voci di dissidenti. Uno di questi, Silvio Báez, ex vescovo ausiliare di Managua (fu richiamato in Vaticano nel 2019 su richiesta di Ortega e ora si trova negli Usa) ha scritto su Twitter che esiste nel suo paese un «odio irrazionale e sfrenato della dittatura nicaraguense verso monsignor Rolando Álvarez. Sono vendicativi contro di lui». Poi ha aggiunto che Álvarez è una voce coraggiosa e libera nel denunciare la corruzione del governo e le violenze contro gli oppositori.
Il presidente Ortega silura l'ambasciatore del Papa, aveva osato difendere i prigionieri politici