Puntuali al secondo gli astronauti Bob Behnken e Doug Hurley: spettacolare splashdown alle 20.48 dopo quasi mezzo secolo grazie a Crew Dragon di SpaceX di Elon Musk. Ammaraggio nel Golfo del Messico al largo di Pensacola, in Florida. Si è ripettuto l'evento indimenticabile per chi ha almeno 50 anni e conserva in testa e nel cuore le emozioni degli ammaraggi delle missioni Apollo, con quella capsula annerita che scompariva per lunghi momenti sotto le onde per poi riemergere e galleggiare quieta fino all'arrivo degli elicotteri con la bandiera a stelle e strisce sulla carlinga.
"Thanks for flying @SpaceX."
📍 Current Location: Planet Earth
A 2:48pm ET, @AstroBehnken and @Astro_Doug splashed down, marking the first splashdown of an American crew spacecraft in 45 years. #LaunchAmerica pic.twitter.com/zO3KlNwxU3— NASA (@NASA) August 2, 2020
L'appuntamento con il nuovo capitolo delle esplorazioni spaziali è iniziato alle 23.45 di sabato 1° agosto con la diretta Nasa per la chiusura del portello della navicella che ha segnato l'avvio delle operazioni di rientro sulla Terra degli astronauti americani Bob Behnken e Doug Hurley che poi all'una e 35 odierna si sono puntualmente staccati dalla stazione spaziale internazionale raggiunta il 31 maggio scorso inaugurando l'era dei voli spaziali con astronavi di aziende private. Una svolta epocale.
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Crew Dragon SpaceX
Dopo l'ammaraggio la capsula è stata issata su una nave appoggio sul cui ponte sono iniziate le operazioni di controllo durante oltre un'ora: poi finalmente ecco uscire Bob Behnken e quindi Doug Hurley che hanno salutato con la mano in favore delle telecamere. Per sicurezza li hanno sistemati su poltrone-barelle esattamente come capita dopo l'atteraggio con la Soyuz nella steppa per dare tempo al corpo di abituarsi di nuovo alla gravità. I primi controli medici sono avvenuti giù sulla mave, poi con un volo in elicottero e quindi uno in aereo i due astronauti della Nasa sono stati portati a Houston. La missione Demo2 a questo punto era davvero terminata.45 anni fa
Non accadeva dal 1975 (missioni Apollo-Soyuz) che astronauti tornassero a casa con questa procedura entrata nella Storia con la conquista della Luna, ché poi è arrivata l'epopea dello Space Shuttle che planava placido come un aliante fino alla pista di atterraggio, mentre russi e cinesi per i loro cosmonauti e taikonauti hanno sempre scelto di precipitare verso il duro terreno. Solo una volta una Soyuz ammarò, anzi allagò al termine di una sfortunatissima missione che non si concluse sulle steppe del Kazakhstan come previsto, ma in un lago, per di più ghiacciato. Quei cosmonauti, insomma, se la videro brutta prima di essere recuperati e portati al sicuro.
Great to have NASA Astronauts return to Earth after very successful two month mission.
Thank you to all!— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) August 2, 2020
Il distacco
All'1.35, mentre la stazione spaziale stava sorvolando la Namibia a 400 chilometri di altezza e a una velocità di 28.800 kmh, la Crew Dragon pesante 12 tonnellate si è staccata dal portellone a cui si era agganciata il 31 maggio. In quel momento era notte per gli inquilini dell'Iss, ma anche nell'oscurità si è vista la bianca Endeavour allontanarsi centimetro dopo centimetro: una manovra dolcissima avvenuta con il pilota automatico e con i due astronauti pronti a intervenire grazie ai comandi azionabili attraverso i tre grandi schermi touch dell'abitacolo: che abisso di fantascientifica novità questa navicella a 4 posti, poltroncine ergonomiche, finestroni panoramici rispetto al pannello di controllo e ai minuscoli sedili delle anguste e cinquantenni Soyuz a cui siamo abituati dopo la messa in pensione degli Space Shuttle nel 2011 che comunque non scherzavano in fatto di arretratezza tecnologica: ancora nella prima decade del millennio quei velivoli-razzo della Nasa avevano ancora installati pc della serie 286.
Metro dopo metro la Crew Dragon si è allontanata nel buio pesto dello spazio, visibile solo grazie alle lucine verdi e rosse (proprio come quelle degli aerei) e a un faro lampeggiante centrale. Le fasi inziali sono state filmate dal versante Iss, poi la "botta" quando si è passati alla telecamera della navicella che ha mostrato in tutta la sua grandezza (immaginate un campo da rugby) la stazione spaziale in allontanamento e in quel momento illuminata dai primi raggi dell'alba, una delle 16 albe in omaggio ogni giorno agli abitanti dell'Iss: un gigante bianco dal bagliore accecante sbucato dall'oscurità assoluta dello spazio, quello stesso bagliore che fece urlare per l'emozione Samantha Cristoforetti al suo arrivo nei pressi della stazione nel 2014. Un "Ohhhh" insolito e fuori ordinanza, ma che che tutti noi le invidiamo.
And they are off! @AstroBehnken and @Astro_Doug have left the @Space_Station!
🛰️62 days on board
🌎~1024 Earth orbits
🚀Saw 1 visiting vehicle leave & 1 arrive
🧪~114 hours of research
👨🚀 4 spacewalks for @AstroBehnken with @Astro_SEAL
📺Tune in @ https://t.co/0tGwqaAWLt pic.twitter.com/mLf43S4QTP— Johnson Space Center (@NASA_Johnson) August 2, 2020
Intanto la Crew Dragon continuava a mettere metri fra essa e l'iss, sempre sorvegliata da Bob Behnken e Doug Hurley, tranquilli come Pasque ed elegantissimi nelle fascianti e agili tute spaziali volute direttamente da Elon Musk, il patron di SpaceX e Tesla che per marcare la differenza con i goffi scafandri di Nasa e Roscomos si è rivolto allo stilista dei supereroi Avengers. E' arrivato così il momento di accendere per la prima volta i motori a razzo Draco per imprimere alla navicella la traiettoria parabolica adatta a non precipitare troppo direttamente verso la Terra (con il risultato di ardere come una stella di San Lorenzo) e a, al tempo stesso, adatta a non rimbalzare nell'atmosfera (come un sasso piatto sullo stagno) finendo chissà dove nell'immensità. Calcolare queste traiettorie toglie il sonno ogni volta a centinaia di ingegneri, sia pure dotati dei più potenti calcolatori.
La notte
Nella notte è allora iniziata la terrificante caduta guidata di Endeavour da 400 chilometri di altezza e con velocità che superano i 28mila chilometri orari verso l'oceano Atlantico attorno alla Florida: una lunga parabola durante la quale la Crew Dragon dovrà sopportare temperature di quasi 2mila gradi che la faranno fiammeggiare avvolta dal carminio plasma (molecole d'aria ionizzate, vedi il video sotto) e che terminerà alle 20.42 di oggi domenica 2 agosto con il tuffo fra le onde della navicella appesa a quattro maestosi paracaduti biancorossi aperti a cominciare da poco più di 5 chilometri di quota, quando la velocità si ridurrà a 550 chilometri orari per poi calare ancora.
Per sei minuti, durante la fase più rovente del rientro, si interromperanno le comunicazioni radio (il black out altro termine entrato nell'uso comune negli anni 60/70 insieme a splashdown grazie alle missioni Apollo): sei minuti che passeranno lentissimi trattenendo il respiro sia a terra sia nella navicella.
Che cosa vedono gli astronauti al rientro sulla Terra
51 years ago today: Apollo 11 splashdown, a safe return from the Moon.
45 years ago today: Apollo-Soyuz Test Project splashdown, the last Apollo flight.
August 2, 2020: Crew Dragon Endeavour splashdown, the first crewed water landing in 45 years.
History in the making. pic.twitter.com/Y5rb2BvgYI— Johnson Space Center (@NASA_Johnson) July 24, 2020
LIVE NOW: Tune in to watch as @AstroBehnken & @Astro_Doug say farewell to their @Space_Station crew members. 👨🚀 👨🚀 Soon, the #LaunchAmerica crew will close the hatch on their spacecraft ahead of their return to planet Earth: https://t.co/cbqmPVuovA https://t.co/cbqmPVuovA
— NASA (@NASA) August 1, 2020
Alla Nasa e a SpaceX non mancavano le preoccupazioni per questa storica missione Demo 2: la navicella Dragon in versione cargo aveva già effettuato 27 ammaraggi fra test e missioni, ma questa volta dentro c'erano due astronauti e non è proprio la stessa cosa, sia per Nasa e SpaceX sia soprattutto per Bob Behnken e Doug Hurley e i loro familiari, per quanto le loro mogli siano entrambi astronauti dal ricco curriculum in orbita.
Pedalini
Preoccupazioni che peraltro non traspaiono dai volti dei due astronauti della Nasa che dopo la fase iniziale del volo di ritorno si sono messi in libertà: via le tute spaziali, per quanto comode, e cinture di sicurezza slacciate per fluttuare ancora un po' nel vasto abitacolo indossando polo, pantaloncini e pedalini di spugna che più americani non potrebbero essere. Un occhio alla strumentazione e l'altro ai finestroni per vedere la Terra che si avvicina. Due bambini a Disneyland non potrebbero essere più felici.
Crediti: NASA/Cory Huston
Mezzo secolo fa gli ammaraggi delle missioni Apollo