Rai, primo Cda post referendum: tagli ai superstipendi

Mercoledì 14 Dicembre 2016
Gianluca Semprini
Gli stipendi dei più noti conduttori Rai potrebbero finire sotto la soglia dei 240 mila euro prevista nella legge sull'editoria. L'argomento sarà tra quelli più caldi del cda in programma oggi a Viale Mazzini, che potrebbe estendere la norma, già in vigore per manager e giornalisti dipendenti, anche ai titolari di contratti di natura artistica. A rischio ci sono, tra le altre, le buste paga di Carlo Conti, Fabio Fazio, Antonella Clerici, Massimo Giletti. Ma oggi potrebbe anche essere decisa la chiusura di Politics, il talk di Raitre condotto da Gianluca Semprini che tanto ha deluso per gli ascolti.

Il consiglio lo scorso novembre aveva chiesto al Tesoro una indicazione sul comportamento da tenere sull'argomento, che non è ancora arrivata. A questo punto, per evitare azioni di responsabilità da parte della Corte dei Conti, i consiglieri potrebbero decidere di assimilare i contratti di lunga durata degli artisti a quelli di collaborazione continuata e continuativa, applicando dunque il tetto. Non è escluso, però, che, sulla base dei pareri legali attesi, si decida di sollecitare il ministero a dare una risposta in tempi rapidi.

È un cda Rai ricco di argomenti quello che riunisce con la nascita del governo Gentiloni. Tutti i nodi legati al futuro della tv pubblica, rimasti in stand by con la caduta di Matteo Renzi, approdano al settimo piano di Viale Mazzini, dove si attendono ricadute dal nuovo quadro politico. «Penso che la gestione monocratica della tv pubblica a questo punto debba essere rivista e debba esserci un maggior coinvolgimento del cda, dato che non mi pare l'anno e mezzo di gestione dell'uomo solo al comando sia stato segnato da clamorosi successi», afferma il consigliere di opposizione Arturo Diaconale.

«Non ho una posizione preconcetta contro un maggior coinvolgimento del consiglio», replica il collega di maggioranza Guelfo Guelfi, precisando però che «non serve un tagliando»: «in un anno e mezzo sono stati compiuti passi in avanti considerevoli». L'aspetto che più lascia i vertici in apprensione è il mancato inserimento nella legge di stabilità della deroga all'inclusione della 
Rai nella lista delle aziende della pubblica amministrazione stilata dall'Istat. La speranza dei vertici è che il governo Gentiloni prenda presto in mano la questione, restituendo loro piena capacità di manovra su appalti, acquisti, assunzioni e contrattazione collettiva. In agenda anche il capitolo risorse dopo la riduzione per il prossimo anno del canone da 100 a 90 euro annuali: nelle tabelle allegate alla manovra il tetto minimo di entrate per la tv pubblica per il 2017 è fissato in 1 miliardo 681 milioni lordi (1 miliardo 617 milioni netti), a cui andrà aggiunto il 50% delle maggiori entrate legate al canone in bolletta (stimate in 320 milioni complessivi).

A preoccupare la tv pubblica è la riduzione dei trasferimenti totali rispetto all'anno in corso (che si stimano superiori al miliardo e 800 milioni). Altro capitolo in stand by è quello del rinnovo della convenzione decennale, che andrebbe approvato entro la fine di gennaio 2017. Una nuovo slittamento delle scadenze potrebbe costringere i vertici Rai a rivedere il piano industriale. All'odg anche la discussione sul piano dell'informazione di Carlo Verdelli che il consiglio attende ormai da mesi e che, nonostante le anticipazioni dell'Espresso che hanno dato il via a audit per violazione di segreto industriale, non dovrebbe essere per il momento svelato. 
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