Bud Spencer, quel non attore che conquistò il mondo

Martedì 28 Giugno 2016 di Fabio Ferzetti
Bud Spencer, quel non attore che conquistò il mondo
Per Sergio Corbucci era l'uomo che con Terence Hill aveva ucciso il western all'italiana, epico, politico e violentissimo, rendendo i pistoleri così ridicoli da rendere impossibile prenderli sul serio. Per il pubblico di tutto il mondo era un gigante buono che menava le mani come nessuno e compensava chissà quali frustrazioni raggiungendo senza problemi il livello più infantile e universale del nostro rapporto col cinema («Ognuno di noi - teorizzava lui stesso - ha qualcuno sopra di sé che odia, che invidia, che vuol combattere. Può essere il padrone, il capoufficio o il professore che ti dà brutti voti. Io reagisco per tutti...»).
 

Per i registi che lo diressero e per i suoi partner in scena, era un compagno di lavoro serio e affidabile, capace di adeguarsi senza tante storie alle richieste del momento, anche quando ormai era un divo riconosciuto. Per tutti infine, colti e meno colti, consapevoli o inconsapevoli, era l'incarnazione contemporanea e allegramente caricaturale di un tipo di comicità antichissima che nel cinema era codificata ed stata elevata a grande arte ai tempi del muto.

BUONA FAMIGLIA
Lui stesso, Bud Spencer, il nuotatore di buona famiglia, lo sportivo che sapeva giocare a scacchi e non voleva vivere come un pariolino («Quando decisi di capire chi ero veramente, nel 57, scelsi il Venezuela perché era l'unico paese del Sudamerica in cui non ero mai stato e non avevo amici o conoscenti»), l'uomo che aveva sposato la figlia di un grande produttore ma con lui non aveva mai parlato di cinema, sapeva di essere una specie di miracolo vivente («Sono un prodotto di consumo - diceva di sé nel 1975 - il mio successo è il successo di una formula che dura da otto anni perché il personaggio funziona. Io mi limito a prestargli l'involucro, la faccia, i muscoli... ma non mi considero nemmeno un attore»).

Eppure dietro quel successo non c'era solo la stazza, una straordinaria simpatia naturale (e il vocione azzeccatissimo di Glauco Onorato che lo doppiava). C'era l'intuizione di un uomo che quando lesse il copione di Trinità, scritto per un solo protagonista, propose subito di farlo in due insieme a Terence Hill, con cui aveva appena girato Dio perdona... io no!. C'era il non attore che ammetteva di aver imparato tutto da Eli Wallach, l'indimenticabile mattatore del Buono, il brutto, il cattivo, sul set dei 4 dell'Ave Maria, diretto da quel Giuseppe Colizzi che aveva insistito per averlo nel suo primo successo, Dio perdona... io no!

C'era infine l'attore ormai così consapevole dei suoi limiti, e di ciò che il suo pubblico non gli avrebbe perdonato, da dire di no a Fellini che lo voleva come Trimalcione, nudo in piscina, nel Satyricon... E conosceva anche i propri meriti se non perdeva occasione per ricordare che malgrado la celebrità mondiale e i molti e sfortunati tentativi di imitazione, l'Italia non gli aveva mai dedicato neanche un premio alla carriera. Ben sapendo di appartenere, a modo suo, alla razza in via d'estinzione dei comici avventurosi, venuti dal basso. E ancora capaci di comunicare con platee sterminate usando il dono oggi così fuori moda dell'ingenuità.
Ultimo aggiornamento: 08:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA