Diana Bianchedi: «Lo sport è salute. I ragazzi vanno sostenuti, studio e attività fisica sono compatibili»

La campionessa di scherma ora nella Fondazione Milano-Cortina 2026: va intercettata anche la fascia 35-50 che smette l'esercizio nel pieno del lavoro

Giovedì 12 Ottobre 2023 di Giacomo Rossetti
Diana Bianchedi: «Lo sport è salute. I ragazzi vanno sostenuti, studio e attività fisica sono compatibili»

Prima in pedana e ora dietro una scrivania, Diana Bianchedi ha sempre mantenuto stile ed efficienza.

L’ex schermitrice milanese, due volte oro olimpico nonché medico, madre di Giulia e Federico (schermidori anche loro) e attualmente Chief Strategy Planning & Legacy per la Fondazione Milano-Cortina 2026, è l’esempio di una vita dedicata allo sport.

E quando si parla dell’impatto di quest’ultimo sulla salute, le si illuminano gli occhi.

Quali sono le differenze tra coloro che fanno sport e coloro che non lo praticano?

«In termini di salute, è innegabile che la differenza sia sostanziale, non serve essere medico per dirlo. L’Oms ci dice che salute non è solo assenza di malattie, ma benessere psicofisico, e chi meglio dello sport ce lo procura? In tutte le fasi di età contribuisce allo sviluppo armonico dell’individuo: il bambino cresce a prescindere, ma sappiamo che il livello di massa grassa si accumula in termini di cellule soprattutto in età infantile; se in quella fase creiamo un certo tipo di metabolismo, viviamo di rendita».

Quali sono i rischi di una vita sedentaria sin da giovani?

«Per i più piccoli, l’obesità: crescerà il diabete infantile, nel 2050 è prevista una vera esplosione di questa patologia per i nostri bambini. Ma vivere una vita sedentaria fa male a tutti: penso alle ragazze in età di sviluppo, con una situazione ormonale molto varia, alle quali fare sport aiuterebbe a lavorare sul bilanciamento degli ormoni. Oppure a quei ragazzi che nel picco dello sviluppo diventano altissimi e per mancanza di sport si ingobbiscono».

E per quanto riguarda adulti e terza età?

«Questo è il tema principale, far fare sport alla fascia di coloro che ne fanno meno, dai 35 ai 50 anni. Persone nel pieno della carriera lavorativa che smettono di fare attività fisica per anni. Intercettare questa fascia e ovviamente gli anziani sarebbe un enorme risparmio sulla sanità pubblica. Nel mio piccolo spingo per avere le docce nella sede del mio ufficio, così che chi arriva correndo o va a correre in pausa pranzo si possa lavare».

Quali sono i benefici non fisici che l’attività sportiva dà?

«Portare avanti l’impegno quotidiano dell’allenamento ti insegna il rispetto per te stesso, per i tuoi compagni e per gli allenatori. Cresci come persona, imparando il valore del sacrificio e della dedizione».

Il rapporto tra ragazzi e sport quali criticità ha?

«Il problema è che intorno ai 14 anni, la fascia d’età più delicata, molti ragazzi abbandonano lo sport, perché non siamo in grado di supportarli quando la vita si complica dal punto di vista scolastico. Ai miei tempi non si agevolava la doppia carriera, tanto che io mi sono ritirata in secondo liceo e poi ho ripreso, mentre oggi, se vuoi, hai progetti che ti permettono di studiare e allenarti insieme».

La pandemia però ha tirato fuori molte problematiche adolescenziali.

«Il lato negativo dei ragazzi di oggi è che hanno vissuto un’esperienza innegabilmente complicata come stare chiusi in casa, ma così hanno potuto capire che valvola di sfogo fosse lo sport. Nei mesi di lockdown abbiamo visto quanto i giovani si siano ingegnati per allenarsi, ma così è stato per chi già praticava attività sportiva; gli altri, sportivamente li abbiamo persi, e purtroppo li perderemo per tanti anni, perché magari da adulti ricominceranno a correre, ma avranno perso i benefici in termini di salute e crescita personale».

I social network e i cellulari remano contro una vita attiva?

«Se dovessi rispondere di pancia direi di sì, ma sono ottimista e dico “sì però”: possono essere un utile strumento, perché ci permettono di monitorare le nostre prestazioni, e ci fanno conoscere tanti sport che non avremmo mai visto e di cui possiamo innamorarci. Ma uno smartphone è uno strumento, non un compagno».

Quale dovrebbe essere secondo lei il contributo della scuola?

«Non penso che ci si debba focalizzare su quante ore di sport si fanno a settimana: è chiaro che se potessimo far fare attività sportiva in tutte le scuole, con strutture adeguate, sarebbe una società migliore, ma dobbiamo essere realisti. La prima cosa secondo me è che le scuole facciano capire l’importanza di fare sport ai ragazzi e alle famiglie. Le faccio un esempio: con il Coni di Trento, noi di Milano-Cortina 2026 abbiamo un progetto per i ragazzi delle scuole, ossia “sfidarli” a fare 10mila passi al giorno perché è certificato che migliori le aspettative di vita. È un modo per stimolarli, non posso accettare la scusa che le scuole non abbiano le palestre».

Cosa rappresenta la recente entrata dello sport in Costituzione?

«È il riconoscimento di una cosa in cui noi sportivi di alto livello abbiamo sempre creduto, oltre che vissuto sulla nostra pelle, e che cambia le vite di tantissime famiglie. Gli italiano amano lo sport».

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Ultimo aggiornamento: 06:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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