Lorenzo non smette di abbracciare la mamma. Per tutta la funzione la tiene stretta a sé. Lei ha un cappotto bianco come a esorcizzare il nero della morte che tutto inghiotte. La bara di Martina Scialdone, uccisa dal suo ex fidanzato Costantino Bonaiuti la sera del 13 gennaio fuori da un ristorante, è ricoperta di fiori.
LA LETTERA DELLE AMICHE
La famiglia, le amiche e gli amici di Martina stretti in un dolore che cerca ancora una ragione. Tra i presenti anche l'avvocato Mario Scialla che rappresenta la famiglia Scialdone «l'essere umano non può comprendere ciò che umano non è» e il presidente del Municipio VII, Francesco Laddaga. Un gruppetto di amiche di Martina, le più strette, trova la forza di salire sul sagrato per leggere una lettera: «Ciao Marti, siamo tutti qui per te. E non ci stupisce perché tu eri il nostro punto d'incontro anche se siamo tutte diverse e tutte sparse per il mondo. Il tuo sorriso era contagioso, non esisteva un giorno no. Hai sempre amato forte perché tu eri forte. Se credevi in qualcosa la facevi. Ci mancherà il tuo modo di affrontare la vita a cuor leggero. Il miglior modo per salutarti non è piangere ma ringraziarti. Siamo sicure che questo non è un addio ma un arrivederci perché sappiamo che ci verrai a trovare». Subito dopo di loro è stato il turno di un collega dell'ufficio dove Martina lavorava: «Era un'avvocatessa tenace e appassionata. Siamo sicuri che ci mancherà». Al termine della funzione c'è solo il silenzio e il dolore tra i tanti che hanno partecipato ai funerali. Nessuno vuole parlare. Il silenzio viene rotto solo da uno zio di Ancona: «Se avessi potuto sarei salito sul pulpito e avrei detto che Dio lo possa fulminare». Il carro funebre, bianco, lascia la chiesa. Ancora lacrime e la canzone di Irama che risuona nelle orecchie di tutti «Se tornerai qui, se mai, lo sai che io ti aspetterò».