Una settimana fa erano 398 i ricoverati per Covid negli ospedali del Lazio.
L’assessore regionale alla Salute, Alessio D’Amato, ripete che il Lazio resterà in zona bianca anche nelle prossime settimane: il livello di letti ordinari e di posti in terapia intensiva occupati è al 7 per cento, lontani dai tetti del 15 e del 10 per cento, che se superati e uniti a un’incidenza di 150 casi ogni 100mila abitanti, impongono la zona gialla. Detto questo, ci sono quasi cento ricoverati in più in una settimana, mentre il trend dei contagiati è alquanto costante. Una situazione che ha spinto la Regione ad ampliare di 60 unità i letti Covid in tre strutture (Sant’Eugenio, San Filippo Neri e l’ospedale dei Castelli) in prospettiva delle ondate di settembre, ma anche per abbassare i livelli di ospedalizzazione, quando sarà da aggiornare il colore del Lazio.
I TEMPI
Nel Lazio, dall’inizio della pandemia, si tende a ricoverare i positivi per circoscrivere il virus. Secondo Roberto Cauda, infettivologo del policlinico Gemelli, l’aumento «potrebbe essere legato al fatto che nel Lazio la variante Delta si è presentata prima che in altre parti d’Italia. Ma la grandissima parte di chi ora si sta contagiando è asintomatica». Ma chi si ricovera? Il professor Vaia aggiunge: «A contagiarsi ora sono i più giovani, ma l’età prevalente dei pazienti in terapia intensiva è tra i 50 e 60 anni. Non li chiamerei no-vax, ma “renitenti”, sono i figli della cattiva comunicazione su AstraZeneca. Persone che ora dobbiamo recuperare». Le loro condizioni, spesso, sono gravi. «Rispetto all’inizio della pandemia - conclude Vaia - salviamo più vite, per esempio, con la terapia degli anticorpi monoclonali».