Riforme, Renzi sfida l'Anpi: «Non prendeteci in giro»

Venerdì 16 Settembre 2016 di Mario Ajello e Marco Conti
Renzi

Pienone alla festa dell'Unità di Bologna. La grande attrattiva è il confronto tra Matteo Renzi e Carlo Smuraglia. Ossia tra il segretario del Pd - che avverte subito la platea: «Si può scegliere il sì o il no, ma è una presa in giro dire che la riforma costituzionale mette a rischio la democrazia nata dalla Resistenza» - e il presidente dell'associazione dei partigiani, 93 anni, il quale parla per primo e comincia subito con un affondo: «Questa riforma stravolge la Carta costituzionale».

Gli aderenti all'Anpi, che sono per lo più giovani e di mezza età, visto che di vecchi partigiani ne sono rimasti pochi, arrivano alla festa intonando i canti della Resistenza. Metà della platea è loro, ossia dei partigiani del no, l'altra metà è dei renzisti. Divisioni e reciproche contestazioni, e pensare che la festa è dedicata al concetto di unità, a riprova che il tema è assai sentito presso la famosa base del partito.

SHOW
Non un appuntamento facile, dunque, per il segretario-premier, perché il sì e il no alla riforma costituzionale - l'Anpi è per la bocciatura nelle urne referendarie - spaccano il popolo della sinistra che anima sia pure non più come prima le feste del partito e che avrà un ruolo importante nel determinare la vittoria o la sconfitta della legge Boschi quando passerà al vaglio degli elettori. E quello della data per le urne è un tormentone che proprio ieri è arrivato a una svolta. Con l'annuncio di Renzi, non alla festa in serata ma in tivvù a Unomattina: «Nel consiglio dei ministri del 26 fisseremo la data».

Il 27 novembre è la data più che probabile perché rispetta l'arco di 50-70 giorni previsto dalla legge e permette al governo di mettere in salvo la legge di stabilità almeno in un ramo del Parlamento entro il 20 novembre. Far scivolare la data oltre rischia di avvicinarsi troppo al ponte dell'Immacolata. Ma per ora, prima del big match nelle urne, è la partita interna al popolo di sinistra che sta andando in scena sulla riforma costituzionale alla festa di Bologna.

«Il bicameralismo paritario non lo volevano nè la Dc nè il Pci», dice Renzi nella speranza che l'evocazione del vecchio partito comunista italiano intenerisca i cuori degli antichi militanti, partigiani e non, che affollano l'arena. Smuraglia, ex parlamentare Pci e derivati, è abile nel contrattaccare: «Questa riforma è un danno per il Paese». Ma sta attento a non esagerare: «Comunque i destini del governo e del premier non dipendono dal voto referendario». I 4mila presenti si sentono rassicurati, anche se alcuni di loro sono della sinistra Pd e non molto ben disposti verso Renzi. Che viene interrotto qualche volta da grida provenienti dalla platea che si alternano però a scroscianti applausi.

Renzi non si fa impressionare da una platea non tutta amica. E a un certo punto fa l'elogio dell'Italicum e del ballottaggio: «Fa votare le persone e chi ha paura del voto delle persone ha paura della democrazia». Proprio sull'Italicum, a Roma, si è ieri cercato di svelenire il clima avviando un confronto. La legge elettorale resta infatti lo scoglio sul quale gli oppositori vorrebbero far infrangere la riforma costituzionale. Compreso il pericolo, Renzi ha da tempo ammorbidito i toni mentre la Corte Costituzionale, come anticipato dal Messaggero nei giorni scorsi, andrebbe verso un rinvio della pronuncia di costituzionalità della legge elettorale.

E intanto invitare le opposizioni «a fare proposte» alternative all'Italicum serve al presidente del Consiglio per aprire il confronto oltre la minoranza-Dem. «Se qualcuno ha proposte le tiri fuori», ha ripetuto Renzi, anche nella serata bolognese, giurando sulla sua buona volontà. FI e M5S non hanno però nessuna intenzione di discutere di legge elettorale prima del referendum, mentre i centristi viaggiano con una propria proposta e criticano il bersanellum. Mercoledì va in aula la mozione di Sel che invita i partiti a discutere ma definendo incostituzionale l'Italicum la rende indigeribile al Pd renziano. Portare la discussione in commissione, come suggeriva ieri Pino Pisicchio, potrebbe essere quindi l'unica strada per mettere d'accordo tutti e, alla fine, rinviare sul merito a dopo il referendum.

ATTACCHI
Ma i giochi e le trattative romane restano fuori dal confronto serale tra Renzi e Smuraglia. Nel quale Matteo non rinuncia a un affondo. Questo: «Mi sarebbe piaciuto che l'Anpi fosse intervenuta quando la settimana scorsa uno che si chiama Aldo Grandi nella Gazzetta di Lucca ha detto che il traditore Renzi andrebbe messo al muro e fucilato. E' il biografo di Almirante. Non ho sentito parole in difesa del presidente del consiglio». Altro attacco: «Non ho memoria - dice Renzi a Smuraglia che aveva proposto: «Diminuiamo anche i deputati e non solo i senatori» - di tuoi atti parlamentari in cui hai proposto di dimezzare il numero degli eletti. Non era semplice evidentemente. Ma noi ci siamo riusciti».

Il duello è stato vivace.

E privo di timori reverenziali da entrambe le parti. Quando il premier-segretario parla di lavoro, prima prende un po' di applausi, ma poi arrivano anche i fischi.

Ultimo aggiornamento: 17 Settembre, 08:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA