L'inchiesta Consip e il caso Renzi, due procure nel mirino

Mercoledì 17 Maggio 2017 di Valentina Errante e Sara Menafra
Renzi

L'ultimo colpo di scena nell'inchiesta dei veleni è la diffusione delle conversazioni che raccontano circa venti giorni della vita di Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze nel fascicolo Consip. Si comincia da quella con suo figlio Matteo, registrata dai carabinieri del Noe alla vigilia dell'interrogatorio del 3 marzo, quando i microfoni erano stati riaccesi dopo un buco di oltre due mesi. È l'ennesimo intralcio in questa indagine contrassegnata da ripetute violazioni del segreto istruttorio, che hanno portato fino a Palazzo Chigi, dalle accuse di falso mosse dai pm della capitale al capitano Giampaolo Scafarto e dalle distanze tra le procure di Roma e Napoli. Adesso a intervenire è il ministro della Giustizia Andrea Orlando che ha deciso di avviare accertamenti sulle procure di Roma e Napoli. I pm della capitale, competenti per territorio, intanto hanno aperto un'inchiesta e le indagini proseguono: ieri gli investigatori hanno acquisito atti negli uffici di Grandi stazioni.

GLI ACCERTAMENTI
I file audio, agli atti delle procure di Roma e Napoli che indagano sul mega appalto Consip, non sono ancora stati trascritti e il dialogo tra l'ex premier e il padre dovrebbe essere tra gli ultimi di quelli contenuti nel fascicolo. Ma il caso è tutto politico. Perché se dal punto di vista penale la telefonata non ha nessuna rilevanza, il giallo e le polemiche riguardano invece la fuga di notizie su Il Fatto quotidiano. Il ministro Orlando ha dato mandato all'ispettorato di via Arenula di avviare accertamenti su entrambi gli uffici coinvolti nell'inchiesta. A rendere la situazione particolarmente grave è il fatto che i pm titolari delle due indagini abbiano ricevuto solo i brogliacci sintetici e i file audio. Il nodo è capire chi sia il responsabile della diffusione di atti coperti dal segreto istruttorio.

L'INTERCETTAZIONE
Gli ascolti su quel telefonino, partiti il 4 dicembre, quando Tiziano Renzi non era indagato, sono stati interrotti venti giorni dopo dai pm di Roma che avevano ricevuto il fascicolo. Alla vigilia dell'interrogatorio, al quale partecipavano entrambe le procure, l'ascolto è ripartito con l' autorizzazione del gip di Napoli, sebbene Tiziano fosse indagato solo dai pm di Roma, informati delle intercettazioni.

La telefonata tra Matteo Renzi e il padre Tiziano è, infatti, delle 9,45 del 2 marzo.

Renzi alla vigilia dell'interrogatorio chiede al padre quali fossero i suoi rapporti con Alfredo Romeo (accusato di corruzione per gli appalti Consip) da parte di Tiziano Renzi. «È una cosa molto seria», dice. E si raccomanda: «Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje». Tiziano, che è devoto alla Madonna e crede nelle sue apparizioni, lo ferma: «Non devi dire così». «Stai distruggendo un'esperienza», replica il figlio, che poi aggiunge: «Devi dire nomi e cognomi». «È vero che hai fatto una cena con Romeo?» chiede Matteo. I carabinieri annotano: «Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda ma i bar no». E poi: «Matteo ascolta: io non ho mai incontrato Romeo. Fidati». «Non ti credo» risponde Renzi jr. «Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino». Tiziano risponde citando un ricevimento del 2012 : «Non dire che c'era mamma, altrimenti interrogano anche lei». Poi aggiunge: «Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l'hai detta a Luca, e non farmi aggiungere altro.

Ultimo aggiornamento: 18 Maggio, 08:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA