Il governo blinda Lotti, ma teme il soccorso di FI

Lunedì 6 Marzo 2017 di Marco Conti
Il governo blinda Lotti, ma teme il soccorso di FI
ROMA «Puzza di organizzato. Quando qualcuno non serve più agli interessi del centralismo, lo tirano giù». Umberto Bossi è presidente di quella Lega Nord che si prepara a votare a favore della mozione di sfiducia del M5S contro il ministro Luca Lotti. Il fatto che sia il Senatur a definire l'intera vicenda Consip una sorta di trama scattata contro Renzi il giorno dopo la sconfitta al referendum, aumenta la convinzione dell'ex premier che esista- come affermato ieri l'altro - «un chiaro disegno per creare tensioni» o per «liquidare il Pd», come invece sostiene il presidente del partito Matteo Orfini.

CORSA
Resta il fatto che l'obiettivo minimo dei due sfidanti nella corsa alle primarie del Pd, Andrea Orlando e Michele Emiliano, è quello di costringere il segretario uscente al ballottaggio dell'Assemblea. Malgrado interrogativi e preoccupazioni che continuano a circolare anche tra i suoi sostenitori, a farsi da parte nella corsa alla segreteria Renzi non ci pensa proprio e ieri dalla sua casa di Pontassieve ha lavorato alla tre giorni del Lingotto di fine settimana. Non sarà facile tenere distinta la corsa alla segreteria del Pd dalle vicende di un'inchiesta che sabato ha subito una svolta netta con la decisione della procura di Roma di sottrarre le indagini ai carabinieri del Noe. Se la fuga di notizie dovesse derivare da errori compiuti proprio dagli inquirenti nella gestione delle indagini, la stessa posizione del ministro Lotti - aaccusato di rivelazione di segreto d'ufficio - ne potrebbe risultare fortemente alleggerita.

«Mi auguro che la magistratura chiarisca nel modo migliore e più rapido» le responsabilità del caso Consip, ha sostenuto ieri in tv a Domenica In il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che ha poi aggiunto: «So bene che ci sono grandi discussioni politiche, ma dal mio ruolo l'unica cosa che posso dire è che c'è stato un membro del governo (Luca Lotti ndr) che ha ricevuto un avviso di avvio di indagini a dicembre e la sua vicenda da allora non è cambiata e quindi la mia fiducia nei suoi confronti rimane immutata ed io mi auguro che lo sia anche quella del Parlamento». Una difesa che ricalca quella fatta pochi giorni fa, sempre in tv, dallo stesso Renzi.
Ordine del giorno alla mano sembra difficile che il Senato possa occuparsi in settimana della mozione di sfiducia. I numeri a palazzo Madama continuano a ballare anche in attesa di capire cosa faranno i fuoriusciti del Pd che da un lato sono tentati di votare la sfiducia insieme ai pentastellati e dall'altro temono che l'uscita di Lotti possa far precipitare il quadro politico e riportare in agenda il voto a giugno.

Malgrado Gentiloni ieri sia andato in tv a sostenere che l'orizzonte dell'esecutivo è la fine della legislatura, si avvertono a palazzo Chigi i rischi d instabilità che potrebbero derivare qualora Luca Lotti venisse salvato grazie ai voti di Forza Italia, che co Paolo Romani ha ribadito: non votiamo mozioni di sfiducia individuali. In attesa che la Procura dia qualche segnale su come intenda procedere, si cerca di prendere tempo e si attendono anche gli sviluppi dell'inchiesta con gli interrogatori degli indagati.

INTRECCIO
La scadenza, prevista per oggi, dei termini per la presentazione delle candidature alle primarie, offrirà all'ex segretario l'occasione per tornare a riparlare del partito e della piattaforma congressuale che presenterà a Torino nel fine settimana. D'altra parte a sopportare il peso - seppur non in parte eguali - della commistione tra primarie e inchiesta giudiziaria non è solo Renzi, ma anche Andrea Orlando in qualità di ministro della Giustizia. Ieri il Guardasigilli è stato accusato da Emiliano di essere «in potenziale conflitto d'interessi», e lo stesso governatore della Puglia che, oltre ad essere ancora magistrato, risulta test dell'inchiesta Consip e ammettendo di aver dato ad un quotidiano gli sms ricevuti da Lotti attira le ira dei renziani.

Un intreccio che crea sconcerto tra gli iscritti e che rischia di allontanare «il popolo delle primarie» e, soprattutto, di creare a Renzi un vento poco favorevole non tanto nelle sezioni, ma nei gazebo.