Giorgia Meloni: «Non c'è stato alcun plebiscito, federalismo solo col presidenzialismo»

Lunedì 23 Ottobre 2017 di Stefania Piras
Giorgia Meloni: «Non c'è stato alcun plebiscito, federalismo solo col presidenzialismo»
«Riconosco agli alleati di aver posto il tema, ma con uno Stato centrale forte vincono tutte le Regioni». Per la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, il referendum autonomista era «propaganda».

Da oggi cosa cambia in concreto?
«È evidente che i quesiti referendari non hanno affascinato i 14 milioni di cittadini chiamati al voto. Meno della metà di loro si è recata ai seggi respingendo, di fatto, questa impostazione plebiscitaria. I cittadini erano di fronte a un quesito tipo Vuoi essere più ricco? Non so quanto bisognasse andare a votare».

E quindi con questo risultato cosa si può e si deve chiedere?
«Con questi dati, si chiede uno Stato centrale forte, più efficiente, meno tasse e più servizi».

Niente autonomia insomma.
«L'autonomia va bene se non è fatta contro qualcun altro. Non bisogna far credere che c'è uno scippo di risorse. L'hanno raccontata che si potevano tenere decine di miliardi. Ma la gran parte di quei soldi serve a pagare le scuole, la difesa, le forze dell'ordine, spese che servono anche a lombardi e veneti. E attenzione che una politica economica basata sulle singole Regioni rischia di non essere utile neanche a chi abita in quelle Regioni».

Al Nord sentono il peso dello Stato-zavorra.
«E hanno ragione ma il problema si affronta rendendo lo Stato efficiente, perché rimane il fatto che siamo più forti uniti che divisi. Poi se quelle Regioni sono la locomotiva d'Italia è anche perché lo Stato centrale ha investito su di loro, mettendo in conto un ritorno in termini di ricchezza per l'intera nazione».

Ma il sì ha prevalso.
«Riconosco ai promotori di aver posto il problema, ma per me non era una priorità e i dati dicono che non ero l'unica a pensarlo».

Qual è la vostra proposta?
«Faccio un appello a tutte le forze del centrodestra per lavorare ad una proposta di revisione costituzionale in senso Presidenziale e in grado di realizzare un federalismo compiuto rispettoso della coesione nazionale. La richiesta di maggiore autonomia è coniugabile solo con uno Stato centrale efficiente. Pensate se ogni Regione volesse trattenere le tasse. È giusto che Mediaset, che ha sede a Milano ma produce e crea ricchezza in tutta Italia, paghi le tasse solo in Lombardia?».

Eppure anche uno come Sergio Pirozzi ammicca ai referendum.
«Non l'ho letto. In ogni caso in molti pensano che questi temi vadano cavalcati a fini di consenso. Ma consiglio prudenza, perché se non hanno così grande consenso in Lombardia figuriamoci nel Lazio».

Come si rifletterà il voto referendario sulle prossime politiche?
«È un tema per la coalizione, sempre che si voglia fare una coalizione. Dobbiamo sederci e riflettere sugli assetti costituzionali, non andare in ordine sparso. Quando lo Stato sarà più efficiente ci sarà anche meno richiesta di autonomia. Lo Stato nazionale è l'entità minima per difendere i diritti delle persone di fronte alla globalizzazione incontrollata o alla finanza speculativa».

I promotori del referendum hanno detto che se va bene si procede con consultazioni a tappeto per tutte le Regioni.
«A me non pare una soluzione intelligente quella di fare la gara a chi è più autonomo. Ma era abbastanza scontato che una spinta individualista scatenasse altre spinte individualiste. Io non credo che ci rafforzi.
Conterà di più la Lega da oggi?

«Conta l'Italia. Conta il centrodestra unito e se saprà offrire federalismo e presidenzialismo, una ricetta che unisca invece di dividere. E se insieme metteremo mano alla Costituzione e ridefiniremo il nostro rapporto con l'Europa. Cambieremo la gerarchia delle leggi, la Costituzione italiana deve venire prima delle norme europee, come in Germania».

Fa l'autonomista adesso?
«No, faccio solo gli interessi dell'Italia, sono una patriota».