Elezioni in Francia, in Italia si riaccende la tentazione urne

Lunedì 24 Aprile 2017 di Mario Ajello
Elezioni in Francia, in Italia si riaccende la tentazione urne
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ROMA - In Francia hanno vinto tutti i partiti italiani? Chiaro che sì. Perfino la sinistra-sinistra, tendenza Fassina, esulta: anche se Melenchon, che poteva arrivare al ballottaggio secondo alcuni sondaggi, è rimasto fuori a leccarsi le ferite. I socialisti di Hollande non hanno toccato palla, e ora si affrettano a salire sul carro di Macron, e i loro omologhi appena usciti dal Pd, da Bersani a D'Alema, non possono non essersi accorti che almeno Oltralpe, ma la Francia è vicina, quel tipo di proposta da vecchia sinistra è diventata priva di appeal e anti-storica. Sull'altro versante, chi poteva esultare di più - per esempio Salvini - applaude l'arrivo di Le Pen al ballottaggio ma l'entusiasmo per questa vittoria mutilata, visto che al secondo turno tutto fa pensare al trionfo di Macron, contiene un sottofondo di amarezza per il leader leghista. E comunque, lui parla così: «Grazie Marine Le Pen, il popolo rialza la testa ed è l'ora di liberarsi dalla gabbia di Bruxelles». La Meloni contenta, anche lei: «I francesi bocciano l'establishment. E al ballottaggio vanno due proposte di cambiamento». Ma il populismo non spopola. E uno come Grillo, che per ora non commenta, vedendo ciò che è accaduto in Francia non può che pensare quanto la politica anti-demagogica abbia una forza di resistenza e una capacità di vincere contro il vento della neo-destra che i 5 stelle in parte rappresentano.
La differenza tra la Francia e l'Italia è che lì, ieri, è saltato lo schema novecentesco delle due corazzate contrapposte: moderati e socialisti. Finiti entrambi in polvere. Qui centrosinistra e centrodestra classici in parte ancora resistono ma chissà per quanto.

DIFFERENZE
Intanto il successo di Macron galvanizza Renzi e i renziani. Sull'onda della Francia «en marche», e «in cammino» è anche il logo congressuale di Renzi, l'ex premier cercherà di affrettare la data delle elezioni - la finestra d'autunno è ancora possibile - nella speranza di raggiungere al più presto Macron, nel caso l'amico francese dovesse vincere il 7 maggio, sulla tolda di comando della nuova Europa europeista? Forse l'europeismo di Macron è più appassionato di quello di Matteo. E comunque, Macron potrebbe diventare, assieme a Schulz se il socialdemocratico tedesco vincerà ad ottobre, un alleato decisivo per il nuovo corso europeo, al quale Renzi difficilmente rinuncerebbe a partecipare. L'ex premier italiano, mentre ieri Macron andava verso il successo, esultava così: «E' di ottimo auspicio questa sua performance. E questo voto ha ricadute cruciali per la Francia e per l'Europa». Ancora: «Se fossi francese, voterei Macron volentieri. Credo e spero che possa farcela». Chissà se Renzi non provi anche un po' di invidia riguardo a Macron, del tipo: sono nato nel Paese sbagliato. In ogni caso l'ex premier chiuderà la sua campagna per le primarie il 28 a Bruxelles
Tra i dem la soddisfazione - quella di Enrico Letta, esule a Parigi è sintetizzata con una W di vittoria su Twitter - si unisce alla certezza che al secondo turno non ci sarà partita e Sandro Gozi, sottosegretario renziano agli Affari Esteri, spiega ciò che è accaduto: «Questo voto ci dice che i tanti detrattori dell'Europa che inneggiavano alla Frexit hanno avuto torto. E i cittadini europei hanno detto di no alla paura e alla logica perversa innescata dal terrorismo. Le sirene del populismo non sono state ascoltate».

LEGGE ELETTORALE
E ancora di meno, però, è stato ascoltato il messaggio di Fillon. Se il candidato dei repubblicani fosse arrivato al ballottaggio, il rilancio del berlusconismo inteso come centrodestra moderato e europeista sarebbe stato quasi automatico. E la costruzione dell'alleanza anti-Pd con Salvini sarebbe andata avanti con Silvio in posizione di forza. Ora invece Berlusconi, al contrario del leader del Carroccio e della Meloni, tra la Le Pen e Macron è più simpatizzante per questo che per quella. Del resto il leader forzista ha detto l'altro giorno: «Una Francia fuori dalla Ue sarebbe un disastro per la Francia e la fine per la Ue». Il presidente forzista dell'Europarlamento, Antonio Tajani, infatti parla così: «Bene Macron. Fermato il populismo. Bisogna cambiare l'Europa e non abbandonarla».
E bisognerebbe imitare la Francia almeno nella legge elettorale. La nostra attuale garantisce la non vittoria di nessuno e l'ingovernabilità. Quella d'Oltralpe, viceversa, ci dirà chiaramente la sera del prossimo 7 maggio chi ha vinto e chi ha perso. L'invidia per la Francia, in certi settori del Palazzo italiano, è grande ma grande quanto l'improbabilità di riuscire a imitare il meccanismo elettorale di quella nazione.

 
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