Dai vescovi alla Lega scoppia lo scontro sulla politica dei Cie

Giovedì 5 Gennaio 2017 di Antonio Calitri
Dai vescovi alla Lega scoppia lo scontro sulla politica dei Cie
ROMA La protesta del centro di accoglienza di Cona dove sono rimasti sequestrati per alcune ore una ventina di operatori italiani e il progetto del ministro dell'Interno, trapelato all'inizio dell'anno, di aprire un Cie (centro di identificazione ed espulsione) in ogni regione fanno scoppiare le polemiche politiche. Tutti all'attacco del progetto del ministro Marco Minniti (che questa settimana è stato in Tunisia e a Malta per sviluppare accordi bilaterali sull'immigrazione) del quale però non si conoscono i dettagli. A viso aperto le opposizioni, dall'M5s alla LegaNord, e i vescovi della Cei, ma anche nel Pd non mancano critiche al progetto.

«ESPULSIONI RALLENTATE»
Per M5s è sceso in campo direttamente Beppe Grillo che attraverso un post sul suo blog, attacca: «aprire un Cie per regione, come propone il Ministro Minniti, rallenterebbe solo le espulsioni degli immigrati irregolari e non farebbe altro che alimentare sprechi, illegalità e mafie con pesanti multe (pagate dai cittadini italiani) per la violazione di sentenze della Corte di Giustizia Europa e della Corte Costituzionale in materia di diritti umani». Poi illustra la sua ricetta: «è necessario identificare chi arriva in Italia, scovare i falsi profughi, espellere rapidamente gli immigrati irregolari nel giro di qualche giorno, senza parcheggiarli in inutili Cie spesso gestiti dalle mafie, accogliere chi ha diritto d'asilo ed integrare seriamente gli immigrati regolari. Sono cose che il M5S afferma con buonsenso da anni».

LA RICETTA DEL CARROCCIO
Per la LegaNord dopo che Matteo Salvini aveva detto che «quando sarò al governo, espulsioni di massa, chiusura dei centri e navi della Marina Militare che, dopo aver soccorso tutti, li riportano indietro», ieri è stato il governatore del Veneto Luca Zaia a spiegare meglio la ricetta leghista. «Aprire i Cie, con che prospettive?» si chiede il governatore che propone «la vera soluzione non è il Cie ma quella di fare i campi di prima accoglienza gestiti dalla comunità internazionale nei paesi del Nord Africa. Non si dica che non si possono fare perché gli abbiamo fatti in Afghanistan sotto le bombe, li abbiamo fatti in Libano e quindi si possono fare. Da lì, ovviamente intercettare tutti i barconi in mare e riportarli in quei campi, lì rifocillare quelli che sono affamati, ovviamente curare gli ammalati e da lì fare un vero e proprio screening con identificazioni delle storie personali e da lì garantire i corridoi umanitari veri ai profughi veri». A bocciare il progetto dell'Interno anche i vescovi della Cei a cui fa capo la fondazione Migrantes. Per il direttore, monsignor Giancarlo Perego, «riaprire i centri significherebbe moltiplicare le situazioni di non tutela: sono gabbie a cielo aperto, assolutamente ingestibili come dimostrano le rivolte e le devastazioni che ne hanno determinato la chiusura». Infine il Pd che non si allinea al progetto del suo ministro. Se la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani al Messaggero aveva detto di essere contraria ai grandi assembramenti e di puntare sull'accoglienza diffusa, il collega della Toscana Enrico Rossi chiede a Minniti che «ci metta in condizioni di obbligare a lavori utili le persone che arrivano nel nostro Paese: è avere poco rispetto tenerle a non far nulla per un anno e più». E boccia i Cie anche la prodiana Sandra Zampa perché «sono posti disumani».
Ultimo aggiornamento: 08:24