Nizza, l'ultimo sms dell'assassino: «Mandatemi armi» Altri tre arresti

Lunedì 18 Luglio 2016 di Renato Pezzini
Nizza, l'ultimo sms dell'assassino: «Mandatemi armi» Altri tre arresti

dal nostro inviato

 
NIZZA Ci sono un «prima» e un «dopo» nella controversa esistenza del kamikaze della Promenade des Anglais. Il «prima» è stato raccontato con voci unanimi da coloro che hanno avuto a che fare con lui: un giovane violento, iracondo, megalomane, refrattario ai dettami dell'Islam, cacciatore compulsivo di donne e anche di qualche maschio, assiduo frequentatore di palestre e di bevande alcoliche. Il «dopo» è per lo più ancora avvolto nel mistero malgrado si dipani nel breve spazio di due o tre settimane culminate nella strage del 14 luglio.
 
 


«Sentirete parlare di me» aveva detto Mohamed Bouhlel a un conoscente in uno degli ultimi giorni di giugno. Ed è quello il periodo in cui secondo l'antiterrorismo francese - ha deciso di mettere la propria megalomania e la propria aggressività al servizio della «guerra agli infedeli». Circa tre settimane fa si è disfatto dei suoi beni, ha detto stop all'alcol, agli stravizi e a una quotidianità da sbandato, ha cominciato a farsi crescere la barba e a improvvisare discorsi religiosi. E, soprattutto, ha iniziato a pianificare il suo martirio.

In una caserma alla periferia di Nizza ci sono sei uomini e una donna in stato di fermo. Quattro sono stati portati in camera di sicurezza poche oro dopo l'attentato, tre ieri. Alcuni di loro ieri sera sono stati caricati in macchina e portati verso Parigi perché anche i vertici nazionali della Polizia contano di ottenere da loro informazioni preziose sull'origine della metamorfosi di Bouhlel, sulla sua trasformazione da scavezzacollo a terrorista. Perché più nessuno, ormai, crede la sua «conversione» sia l'epilogo di un percorso solitario e solipsistico.

Il tunisino ha iniziato ad architettare l'attentato a inizio luglio. Nel farlo si è ispirato ai manuali del «perfetto terrorista» rintracciabili in rete sui siti del fondamentalismo islamico, e fin dall'inizio sapeva che l'esito finale sarebbe stata la morte di decine di persone, ma anche la propria morte. Qualcuno deve averlo spinto a compiere quel passo tragico dove follia e fanatismo si fondono, qualcuno che finora non è stato individuato: l'inchiesta è concentrata sulla caccia a questo (o questi?) presunto burattinaio.

 

Il 4 luglio dieci giorni prima della strage - Mohamed Bouhlel ha prenotato, via internet, il noleggio del camion. Si è rivolto a un'agenzia di Saint Laurent du Vars, ha fornito i propri dati anagrafici e i numeri della carta di credito. Da quel momento in poi più nulla lo ha indotto a cambiare idea. Negli stessi giorni ha messo in vendita la sua auto, quindi è andato in banca, ha svuotato il proprio conto e ha fatto arrivare ai suoi parenti di Msaken (Tunisia) 240 mila dinari, più di 80 mila euro.

LA FORTUNA
«Ogni tanto» ha raccontato il fratello Jabeur in un'intervista televisiva «ci inviava qualche piccola somma. Ma quei 240 mila dinari sono una fortuna. E non abbiamo capito perché avesse deciso di darci tutti i suoi risparmi». Non hanno capito neppure che quella donazione era una sorta di testamento. Anche perché Bouhlel aveva tre figli piccoli che vivono con l'ex moglie in un quartiere periferico di Nizza e logica vorrebbe che i suoi averi andassero a loro: invece ha scelto la famiglia d'origine, le proprie radici etniche e religiose.

Bouhlel aveva 31 anni, viveva in Francia dal 2008, lavorava in proprio ma non guadagnava cifre stratosferiche. Com'è possibile che sia riuscito ad accumulare più di 80 mila euro di risparmi? Erano soldi suoi o qualcuno glieli ha dati a mo' di ricompensa preventiva prima dell'attentato? Questa è una delle domande intorno a cui si stanno scervellando gli uomini dell'antiterrorismo. E poi c'è un altro mistero: attraverso quali canali è riuscito a recapitare in Tunisia per vie informali tutti quei denari?

Fra le sette persone in stato di fermo ci sono anche due albanesi. Sono un uomo e una donna, li hanno portati in caserma ieri mattina gravati del sospetto di aver procurato la pistola calibro 7.65 che Bouhlel portava con sé quando si è avventato col camion contro la folla che festeggiava la Republique sul lungomare. E' quasi certo che il contatto coi due albanesi sia stato occasionale: a lui serviva un'arma, loro gliel'hanno procurata. Rimane da capire però chi ha stabilito il contatto fra il kamikaze e loro. Ma non solo.

Venti minuti prima di mettere in moto il camion e di dirigersi verso la Promenade des Anglais il terrorista ha inviato alcuni sms dal suo cellulare. Uno era indirizzato a un conoscente lui pure in stato di fermo e suonava più o meno così: «Porta più armi. Porta 5 a C». Il destinatario del messaggio da tre giorni va ripetendo di non essere in grado di decifrarlo e di non sapere perché lo abbia inviato proprio a lui. E' un ragazzo di 22 anni, in casa sua è stata trovata cocaina in quantità: ma non avrebbe relazioni col fondamentalismo islamico.

IL SOLDATO
L'Isis, trentasei ore dopo il massacro di Nizza, ha rivendicato la strage definendo Mohamed Bouhlal «un nostro soldato». Sulle prime il messaggio è stato tenuto in poca considerazione per la semplice ragione che nella biografia del kamikaze non c'è nulla che lo lega neppure indirettamente al mondo del fondamentalismo religioso. Anzi, a sentire la moglie e i suoi vicini di casa, Bouhlal e l'Islam erano divisi da una distanza siderale, né aveva mai manifestato odio o rancore nei confronti degli «infedeli occidentali».

Col passare delle ore, tuttavia, c'è chi comincia a coltivare l'ipotesi che il tunisino possa aver camuffato a lungo la propria appartenenza alla rete del fondamentalismo eversivo. E che abbia deciso di venire allo scoperto solo alla fine, quando l'operazione è stata pianificata nei dettagli ed è iniziata la seconda vita il «dopo» - di Mohamed Bouhlel. Solo in quel momento si è spogliato degli abiti da spaccone di periferia per vestire la divisa e mutuare lo stile esistenziale dei «combattenti della guerra santa».

I MUSCOLI
Il telefono cellulare del kamikaze in questo momento è uno degli «reperti» più importanti per provare a decifrare la sua doppia vita. Contiene molte fotografie, alcune scattate nei giorni e nelle ore che hanno preceduto l'attentato. Autoscatti al volante del camion utilizzato per lo sterminio, una foto sul lungomare di Nizza nel pomeriggio del 14 luglio, poche ore prima della strage. Bouhlel ha inviato quell'immagine ai fratelli, in Tunisia: appare sorridente in mezzo alla folla, la barba che gli corona il mento, uno sguardo fiero.

Poi ci sono altre foto nel suo telefono che raccontano la vita precedente. L'ostentazione dei muscoli forgiati in ore di palestra, i selfie con quelle che si presumono essere le sue conquiste femminili e in taluni casi anche maschili, qualche scatto davanti a un boccale di birra, sigaretta in mano, aria di sfida. Un guascone, certo. Ma non l'uomo introverso e sospettoso descritto dai suoi vicini di rue de Turin 62 che negli ultimi due anni lo hanno incrociato quotidianamente sulle scale senza avere il piacere di poter scambiare con lui neppure un saluto.

La distanza fra l'immagine dello spensierato «donnaiolo palestrato» offerta dagli autoscatti e quella del «depresso violento e scostante» raccontata dai vicini e dalla ex moglie dice che probabilmente, prima ancora della sua trasformazione finale, Mohamed Bouhlel avesse già una doppia vita. E inevitabilmente questa sua attitudine, o abilità, a cambiare maschera con gli altri e con se stesso alimenta le ipotesi di chi pensa, anche fra le porte di polizia, che la sua «radicalizzazione» sia più antica di quel che sembra e che lui sia stato diabolicamente capace di camuffarla.

Ieri pomeriggio dopo tre giorni di «garde a vue» - come dicono i francesi l'ex moglie del terrorista, Adjer Khalfalah, è stata rimessa in libertà. Agli agenti ha ripetuto che i suoi rapporti coniugali si erano interrotti due anni fa in modo definitivo: «In casa era violento e aggressivo, non potevo più avere a che fare con lui». Le hanno creduto, ma hanno preteso che ricordasse i nomi di coloro che frequentavano il marito nel periodo in cui la loro era ancora una famiglia apparentemente unita. Perché se Mohamed Bouhlal ha avuto dei complici o degli ispiratori, questi potrebbero essere individuati scandagliando non solo nel suo recentissimo presente, ma anche nel suo passato.

Ultimo aggiornamento: 22:33