Libia: Haftar minaccia, l'Italia va avanti

Venerdì 4 Agosto 2017 di Marco Ventura
Il generale Khalifa Haftar (Ansa)

È un altolà più che una minaccia concreta quello che il generale Khalifa Haftar lancia all'Italia dopo il via libera alla missione navale davanti alle coste libiche e l'ingresso nelle acque di Tripoli del pattugliatore d'altura Comandante Borsini in ricognizione. Una seconda unità di supporto logistico, una nave officina, sarebbe in viaggio per fornire al momento opportuno supporto alla prima, secondo la Difesa in acque internazionali e al termine della ricognizione, in una situazione che il presidente della Commissione Difesa del Senato, Nicola Latorre, definisce «complessa ma non tale da compromettere la missione italiana».

IL CONTRASTO
Molte ieri le conferme all'irritazione del signore di Bengasi. Il colonnello Ahmed al-Mesmari, portavoce delle forze guidate da Haftar, annuncia all'agenzia di stampa tedesca Dpa il contrasto a qualsiasi nave militare straniera entri nelle acque libiche «senza permesso, in base alle nostre regole d'ingaggio, ovvero l'intercettazione, l'avvertimento e il confronto diretto. Ci impegneremo - aggiunge - a usare tutte le nostre capacità di combattimento».

Anche l'ufficio dei media dell'Lna, l'autoproclamato esercito nazionale libico di Haftar, conferma sul suo profilo ufficiale Facebook che il generale ha dato ordini alle basi navali di Tobruk, Bengasi e Ras Lanuf di colpire le unità che sconfinano senza autorizzazione. Fonti italiane derubricano le minacce di Haftar a dialettica politica e osservano, in sintonia con la portavoce del servizio esterno della Ue Catherine Ray, che a farsene portavoce sono per lo più i media locali. Nessuna minaccia che possa impensierire i nostri militari, che stando al ministro della Difesa Roberta Pinotti hanno «la massima protezione» e potranno, ovviamente, difendersi rispondendo al fuoco.

LA MISSIONE
Le unità italiane in rotta verso la Libia fanno parte del dispositivo nazionale Mare Sicuro. Il commissario europeo alle politiche migratorie, Dimitris Avramopoulos, ha ipotizzato che la missione europea Sophia potrebbe anch'essa passare alla fase 3, «nelle acque libiche come previsto dall'inizio, pronti ad agire se le autorità libiche lo chiederanno».

Il governo Gentiloni procede con grande attenzione nella frastagliata cornice libica, ma con determinazione. E il nostro rappresentante a Tripoli, Giuseppe Perrone, unico ambasciatore occidentale in Libia, in arabo fluente rilascia un'intervista all'emittente tv vicina ad Haftar, Alhadath, per dire che «ciò che ha chiesto il premier al Serraj è il rafforzamento della cooperazione tra Italia e Libia nel campo della lotta all'immigrazione tramite il sostegno alla Guardia costiera e alle altre istituzioni libiche che combattono contro l'immigrazione illegale e i trafficanti».

Il sostegno, aggiunge Perrone, è «logistico e tecnico, lo forniamo da mesi tramite le motovedette e questa collaborazione è importante per rafforzare la sovranità libica e la capacità delle forze di sicurezza di proteggere i confini». Anche il ministro Pinotti aveva detto che erano stati informati della missione «tutti gli interlocutori». Incluso Haftar. Che vede nell'intervento italiano un oggettivo supporto ad Al Serraj.

E non a caso si fa sentire il figlio superstite dell'ex leader libico (liberato di recente dalla sua prigione di Zintan), Saif al Islam Gheddafi, che si è messo sotto la protezione del generale di Bengasi e consuma una vendetta contro l'Italia che non ha protetto il padre contro la Francia nella guerra del 2011: «L'Italia - attacca il secondogenito del Colonnello - ha nostalgia del colonialismo fascista, quando le spiagge di Tripoli erano considerate colonie di Roma.

I politici italiani hanno rovinato le relazioni bilaterali quando hanno permesso l'uso delle basi italiane per bombardarci».

Ultimo aggiornamento: 17:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA