Isis in rotta, anche in Italia nuovo allarme foreign fighter

Martedì 11 Luglio 2017 di Sara Menafra
Isis in rotta, anche in Italia nuovo allarme foreign fighter

Il rientro dei guerriglieri europei accorsi dai quattro angoli del continente per aiutare l’Isis è cominciato mesi fa. Quando la guerra in Iraq si è fatta difficile, quando si è capito che Mosul si candidava ad un lunghissimo assedio (e, probabilmente, alla sconfitta nel sangue) i combattenti di provenienza europea hanno cominciato lentamente a far ritorno in Europa.

Un esercito falcidiato, visto che stando ai numeri delle intelligence europee - che hanno condiviso il dato anche con l’Aise - complessivamente sono tornati sulle nostre sponde 4mila combattenti sui quarantamila partiti nel corso degli ultimi tre anni. Di questi, 250 sarebbero militanti con una formazione vera e propria e doppio passaporto, e sul numero complessivo, tra i 30 e i 50, sono rientrati anche in Italia sebbene non sia chiaro se siano rimasti nel paese o si siano spostati ancora. Dunque un rischio complessivo che ha poco a che fare con la battaglia di Mosul. Importante, invece, per un altra dinamica molto più pericolosa: «Dopo questa sconfitta - ragiona un analista - potrebbe accelerare il processo di “qaedizzazione” dell’Isis, in atto da tempo. Se così fosse, l’organizzazione cambierebbe completamente aspetto concentrandosi solo sugli attentati e abbandonando le velleità di controllo del territorio che sono state l’elemento distintivo di Daesh».

I COMBATTENTI
Come racconta un lungo reportage uscito domenica sulla pagine del New york times, nel corso degli anni la maggior parte dei combattenti di ritorno da Iraq e Siria ha seguito la rotta balcanica, oggi chiusa e difficile da attraversare. Ma appunto, lo schema classico dell’Isis, secondo il quale i mujahiddin devono prima di tutto combattere per proteggere il califfato, sta cambiando: «Un recente studio del Programma sull’estremismo alla George Washington university e dell’International Centre for Counter-Terrorism ha esaminato 51 attacchi andati a buon fine in Europa e Nord America, da giugno 2014 al giugno 2016, rivelando che solo il 18% dei 65 attentatori avevano effettivamente combattuto in Iraq e Siria», spiega il quotidiano americano.

LE LISTE EUROPEE
Per alcune intelligence internazionali, l’assedio di Mosul è stata un’ottima occasione per intervenire su soggetti considerati pericolosi. Nel corso del tempo, corpi speciali prima - e soprattutto - inglesi e in parte francesi sarebbero intervenuti sui “concittadini” affiliati all’Isis diventati sempre più riconoscibili man mano che l’assedio si stringeva. Sebbene l’esercito italiano sia da tempo non lontano da Mosul per proteggere la diga realizzata dal gruppo Trevi, le nostre leggi almeno formalmente impediscono questo genere di operazioni senza almeno un’autorizzazione di massima da parte del comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti (che non viene messo a conoscenza dei dettagli dell’azione finché non è portata a termine) che per il momento non è stata chiesta. «L’allarme sul rientro dei combattenti in Europa è stato lanciato parecchio tempo fa - dice Rosa Calipari, parlamentare Pd e membro del Copasir - è un tema su cui c’è un costante monitoraggio da parte dell’intelligence. C’è particolare attenzione anche nei controlli sui richiedenti asilo, ma nessun segnale che la situazione sia cambiata nell’ultimo periodo».

LA QAEDIZZAZIONE
La vera preoccupazione, al momento, è appunto l’alleanza strategica, ovvero la fusione, tra Isis e Al qaeda, le due principali organizzazioni terroristiche finora rivali. L’allarme è stato lanciato già ad aprile dal vice presidente iracheno Ayad Allawi, che ha informato i media di colloqui tra rappresentanti del Califfo Al Baghdadi e rappresentanti del leader di al Qaeda, Ayman al Zawahiri. A mettere insieme i due gruppi, la lunga serie di sconfitte militari subite dall’Isis nella regione, da Mosul a Sirte, che lo ha portato a perdere quasi tutto il territorio che controllava in Iraq (nel momento migliore, più di metà del Paese) e in Siria. Un’alleanza renderebbe esponenziali i numeri di combattenti pronti a morire in azioni terroristiche: secondo alcune stime, l’Isis ha oggi circa 15.000 militanti tra le sue fila, mentre il network qaedista - in cui operano gruppi come Ahrar Al Sham e Tahrir al Sham - ne conta circa 30.000. Ciò, senza considerare la presenza dei jihadisti tra Asia centrale, Nordafrica e Africa centrale, dove formazioni come Boko Haram (in Nigeria) e Al Shabaab (in Somalia) hanno legami rispettivamente con il gruppo di A Baghdadi e quello di Al Zawahiri.

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Ultimo aggiornamento: 12 Luglio, 01:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA