Germania, Tajani: «Ora l'Italia giochi nell'Ue da protagonista»

Lunedì 25 Settembre 2017 di Marco Conti
Germania, Tajani: «Ora l'Italia giochi nell'Ue da protagonista»
Presidente Tajani il risultato in Germania era quello che si attendeva a Bruxelles?
«E' stato un voto fortemente condizionato dal fenomeno dell'immigrazione. Il risultato comunque conferma che la Merkel è un fattore di stabilità in Germania».

E ora che governo?
«E' probabile che si metta mano ad una grande coalizione anche se differente dalla precedente. Una coalizione con i liberali e i verdi, ma comunque molto europeista. La Germania rimane un Paese importante per l'Europa ma il voto dimostra che la Germania ha bisogno dell'Europa e non è più il tempo dell'Europa che ha bisogno della Germania».

Cosa cambia per la zona euro?
«Offre all'Italia la possibilità di essere protagonista perché da domani la Merkel avvierà le trattative e guarderà a Macron. La preoccupazione di tutti è la stabilità della zona euro per affrontare le più importanti emergenze. Dall'Africa alla questione migranti. L'Italia ha l'occasione per essere protagonista».

Dopo la vittoria in Francia di Macron sulla Le Pen c'era chi pensava che i populisti avessero fatto il loro tempo. Invece non sembra così. Che ne pensa?
«I populisti hanno risultati a due cifre, ma non vincono. Certamente sono percentuali che devono spingere tutti a risolvere i problemi comuni che abbiamo e che sono principalmente tre: immigrazione, terrorismo e crescita».
La Merkel, ma anche i socialisti, sembrano perdere molto nella parte est del Paese a vantaggio dell'Afd
«E' vero. Il Paese nel suo complesso va bene, ma ci sono zone, come nella vecchia Germania dell'Est, dove si avvertono di più i problemi di una crisi economica risolta a macchia di leopardo. Non basta però attaccare i populisti o accusarli di qualunque nefandezza, occorre comprendere il perché di questo voto e le ragioni del risentimento».

Non c'è il rischio che la Germania possa chiudersi in una logica più sovranista?
«La Merkel ha indubbiamente pagato l'accoglienza dei siriani, ma la risposta non è l'isolamento e una forza di governo si dimostra all'altezza se capace di offrire soluzioni ben oltre i propri recinti nazionali. Il piano per l'Africa va in questa direzione e sono convinto che la Germania accentuerà il suo impegno. Noi abbiamo interesse che la Merkel sostenga la linea della fermezza nella chiusura dei corridoi e quella delle riforme. A cominciare da quella di Dublino. Adesso vedremo cosa dirà nel consiglio europeo di fine settimana che si occuperà dell'Europa digitale ma che sarà anche molto politico».

Questo risultato indebolisce la Merkel, non crede possa subire contraccolpi l'iter delle riforme promesse anche da Macron?
«Occorre lavorare per cambiare l'Europa perché così com'è non va. Ma prima c'è bisogno di una risposta politica perché molte cose si possono fare senza cambiare i trattati. Per rimettere mano a Dublino o per attuare il piano Africa non servono riforme ma la volontà politica. Così come per combattere il terrorismo, o avere una politica industriale che blocchi il dumping cinese non servono nuove regole. Così come per bloccare certi investimenti cinesi. Serve una spinta nuova e sono convinto che non rimarremo delusi».

C'è una lezione per l'Italia che si può trarre da questo voto?
«Si tratta di paesi differenti. In Germania, oltre ad aver accolto un milione di siriani, hanno una presenza turca molto forte ma certamente il tema dell'immigrazione è comune e va affrontato con fermezza e una strategia a breve e a lungo termine. Ovvero chiudere i corrodi, ma attuare una strategia di investimenti in Africa per evitare che il problema di riproponga in altro modo e magari con più forza. E' per questo che abbiamo interesse ad accelerare».

In Italia si pensa di andare verso una legge elettorale che premia le coalizioni. Pensa sia utile per frenare l'avanzate populista ed euroscettica?
«Spero che in Italia si faccia una legge elettorale che rappresenti i cittadini e che dia governabilità. L'Italia ha bisogno di stabilità e di una governo in grado di fare riforme che rassicurino i cittadini e i mercati».

L'affluenza al voto in Germania è stata altissima e l'insoddisfazione non si è trasformata nel non voto. Perché?
«La partecipazione è stata altissima ed è un bene per ogni democrazia. Il malcontento non ha penalizzato tutti i partiti europeisti e non è andato tutto verso il partito di estrema destra. I liberali sono cresciuti e i verdi anche. Si tratta di una richiesta di cambiamento ma sempre in un alveo europeista».

Perché i socialisti di Schultz, europeista convinto che lei conosce bene, non ha intercettato nulla del voto anti-Merkel?
«Credo abbiano sbagliato molto in campagna elettorale. I socialisti hanno pagato gli anni di governo al termine dei quali i meriti li ha presi la Merkel e gli errori loro. Questo per l'Spd è uno dei peggiori risultati, ma c'è interesse per l'Europa che ci sia un'alternativa e che questa non venga interpretata solo dai populisti».

L'affacciarsi di numerose forze populiste in Europa non rischia di creare un cartello pericoloso anche per Bruxelles?
«Non credo. Afd al parlamento europeo si è divisa e il Fronte nazionale della Le Pen ha problemi analoghi. Sono populismi diversi Tsipras non ha nulla in comune con Afd. Non c'è un'internazionale populista. Molti temi sono in comune ma Grillo e Tsipras non sono insieme nemmeno in Europa».

Come si taglia la strada agli euroscettici?
«Facendo le riforme e affrontando insieme i problemi che ogni singolo stato non sarebbe in grado di risolvere. Ci sono i migranti, ma c'è anche l'azione che insieme si può fare e che si sta facendo per tassare i colossi digitali sensibili solo all'azione dell'Europa unita e forte».

Però in Italia c'è chi, come Salvini, gioisce «per lo storico successo degli alleati di Afd.
«Ricordo solo che Afd è il partito dell'austerità, dei sacrifici, e della troiKa per i paesi mediterranei. Afd è nato dopo la crisi in Grecia ed è marcatamente contro l'Italia».
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