Generazione Macron libri, valori e poco web

Martedì 9 Maggio 2017 di Mario Ajello
Generazione Macron libri, valori e poco web
dal nostro inviato
PARIGI Vogliono una Francia efficace, giusta, umanistica e imprenditoriale. Dunque sono dei matti quelli della Generazione Macron? Niente affatto. Il giorno dopo del trionfo del neopresidente, mentre la Sorbona è chiusa perché è festa nazionale in ricordo della vittoria degli alleati nella seconda guerra mondiale, intorno alla statua di Montaigne di fronte all'ingresso principale dell'università e nei vicini caffè come L'ecritoire, quelli della Generazione Macron, che sono dieci-quindici anni più giovani di lui e si riconoscono nel suo messaggio, anche senza essere di En Marche, stanno qui a ragionare sull'onda che ha cambiato tutto. E loro la incarnano.

LA FILOSOFIA
«Il macronismo ha sfondato anche il muro della Sorbona, che è sempre stata di sinistra», dice con una certa soddisfazione Adriano Bobo Fantoli, italo-francese di 20 anni, studente di storia. Lui non c'era l'altra notte alla festa al Louvre, ma la meglio gioventù, questa generazione degli audaci come la chiama il neopresidente, istruita e politicamente meticcia, modernamente progressista e liberale, era egemone e straripante nella piazza dell'investitura popolare del successore di Hollande. Quel luogo ha fatto da sfondo a un pezzo di grande teatro francese, multietnico, interclassista, trasversale, tutto animato dal bisogno di nuova mobilità sociale e dalla rivendicazione del primato della cultura e del merito contro il falso mito dell'egualitarismo e il conservatorismo di destra e di sinistra, intitolabile appunto: Nous sommes la géneration Macron.

Hanno per lo più tra i 18 e i 25 anni. Una buona parte dei loro coetanei è goscista tendenza Mélanchon, ma loro no. Nella vittoria di Macron c'è anche una sorta di rivoluzione liberale e a spingerla sono i ragazzi. Si tratta di un fatto elitista? Nient'affatto. Perché, altrimenti, i numeri del successo del neo presidente non sarebbero stati quasi plebiscitari. E poi, ecco Mehdi, 22 anni, madre algerina e padre bretone, il quale vive nella periferia e per pagarsi gli studi di giurisprudenza alla Sorbona la sera lavora in una pizzeria lontana, a Montreuil: «Nessuno può essere più macronista di un ragazzo della banlieue», sostiene. E vuole dire che se l'ascensore sociale è bloccato, non solo in Francia, la colpa è dei partiti tradizionali che non sanno fare politica e delle élites che non sanno svolgere quello che dovrebbe essere il loro ruolo.

LA RIVOLUZIONE
Questa Generazione Macron, che un po' si sente come i ragazzi tedeschi della Germania dell'est che contribuirono a fare cadere il Muro di Berlino, sono esigenti. E del resto, che cosa c'è di più ambizioso, e contro-congiunturale, che cercare di rendere sexy - sull'onda di Macron - cose che sembrerebbero fuori moda come l'illuminismo; l'europeismo; la cultura libraria al posto dell'internettismo in versione fake news, conformista e stereotipato; l'ottimismo; l'insistenza sui doveri contro l'egemonia del dirittismo e nell'autobiografia del leader, Rivoluzione, quest'ultimo è un punto fondamentale?

Perfino, i ragazzi del Ciclone Emmanuel vogliono capovolgere il pregiudizio giovanilista e qualunquista, che equipara le élites all'imbroglio o al demonio. Spiega Isabelle Heinry, 26 anni, al caffè Loft di Louvre, tra les Halles e le Palais Royale, piuttosto amato dai Jeunes pour Macron e qui si erano dati appuntamento per vedere l'ultimo match tivvù contro la Le Pen: «Macron viene dall'establishment, lo conosce bene e ha capito ciò che dovrebbe essere ovvio e naturale per tutti. Ossia che è permeabile e aperto e ci puoi entrare con calma e determinazione, sei hai la preparazione culturale e la determinazione per farlo».

CINQUANT'ANNI DOPO
Quelli del 68, insomma volevano mangiare i borghesi. La Generazione Macron non coltiva quel tipo di infantilismo ideologico, ma a suo modo - con altri valori - si propone come un nuovo sessantotto che scardina il fragile ordine costituito. Se, 50 anni fa, furono i giovani parigini e soprattutto i migliori, nelle università, ad avviare il Maggio francese, adesso da qui sembra partire un'altra scossa. Ma la scossa che si fa subito governo, naturalmente, è ad alto rischio di provocare delusione. E lo sanno loro come Macron. Che ben conosce un paradosso: quello per cui la Cgil francese - che ieri ha subito annunciato lotta dura senza paura - con il 7 per cento dei lavoratori sindacalizzati riesce a bloccare un intero Paese. E tuttavia la riforma del sistema del lavoro è la sfida - da liberalismo sociale che prevede anche forme di tutela dei lavoratori, visto che il liberismo old style è improponibile - che qualifica la Generazione Macron.

La differenza tra i giovani macronisti e i giovani italo-grillini, che sono di gran lunga la maggioranza elettorale nel nostro Paese, fa impressione. E sta forse nella storia diversa che intercorre tra l'Italia e la Francia. Ovvero nell'esistenza Oltralpe, nonostante tutto, di una élite. A cui non solo i giovani migliori ma pure una parte degli altri - anche se il resto della Francia non è Parigi e le banlieue sono portate al rifiuto di tutto - aspirano a somigliare. E quanto al fatto che un leader giovane come Renzi abbia contro tutta la generazione Macron di casa nostra sembra dipendere dal semplice motivo che egli ha un partito paralizzante e che non ha macroneggiato nelle scelte.
Fantoli, il ragazzo italo-francese della Sorbona, racconta: «Io ho votato Macron ma come la maggior parte dei miei colleghi universitari non sono un militante. Il concetto di militanza e di propaganda vecchio stile è inservibile. Macron ha vinto anche perché mobilitazione non significa ritrovarsi in un luogo o intrupparsi in una comunità ma la si crea con la forza delle idee». E ancora: «La sinistra è liberale nei diritti civili e conservatrice in quelli economici e del lavoro. La destra è l'opposto: liberale in economia e conservatrice sui diritti degli individui. Macron ha unito le libertà degli uni e degli altri e ha preso tutti».

LA FAMIGLIA
Questa generazione post-tutto non è conformista nei rapporti intimi: vedi l'amore intergenerazionale tra il neo-presidente e la nuova premiére dame. Crede nella famiglia e anche nella famiglia allargata: sul tipo di quella tra Emmanuel e Brigitte più figli di lei e stuolo di nipoti, che sul palco del Louvre l'altra sera ha avuto la sua consacrazione. Punta, senza troppe forzature, sulla cosiddetta uberizzazione, o liberalizzazione, dei servizi. E comunque, Macron è quello che dice: «Io sono convinto che il XXI secolo sia un secolo pieno di promesse, di possibili cambiamenti, tali da renderci più felici. E questa sarà la più bella lotta che io conosca». Il suo esercito, più giovane di lui, il neo presidente lo ha trovato.