Migranti, centri di accoglienza e investimenti in Africa per fermare gli sbarchi

Lunedì 22 Maggio 2017 di Valentina Errante
Minniti
1
ROMA È un primo passo, un accordo di massima per arginare l’esodo che dall’Africa porta migliaia di disperati in Italia. L’incontro tra il ministro degli Interni Marco Minniti e i suoi omologhi di Libia, Ciad e Niger punta alla costruzione di nuovi centri di accoglienza per migranti irregolari e alla gestione di quelli già esistenti in Libia «conformemente agli standard umanitari internazionali».

Per cancellare i lager nel deserto in cui i trafficanti tengono prigionieri la maggior parte dei migranti pronti a partire. Ma, soprattutto, il progetto, nel quale sarà coinvolta la commissione Ue, prevede futuri investimenti in quelle aree e l’addestramento delle forze di polizia, per il controllo dei confini tra Libia Ciad e Niger, per impedire che dall’Africa centrale in migliaia varchino le frontiere con la Libia per poi imbarcarsi. Adesso l’Italia resta in attesa di proposte concrete. 

L’ACCORDO
La nuova “cabina di regia”, nata ieri dopo il vertice, opererà attraverso una consultazione periodica, con l’obiettivo di «cooperare congiuntamente nel contrasto al terrorismo e al traffico di esseri umani», assicurando la sicurezza dei confini. Il progetto prevede la formazione e il rafforzamento della guardie di frontiera, attraverso personale Ue, la costruzione in Niger e in Ciad di nuovi centri di accoglienza, che rispettino gli standard umanitari internazionali, e il controllo di quelli esistenti in Libia, equiparabili a veri e proprio lager.

Sono quattro i punti contenuti nel comunicato congiunto diffuso dai tre ministri e proprio sul quarto, adesso, si attendono le proposte di Niger e Ciad: «La promozione e lo sviluppo di un’economia legale alternativa a quella collegata ai traffici illeciti, con particolare riferimento al traffico di esseri umani». Un passaggio, non ancora definito, che rappresenta però la vera contropartita per i paesi africani. 

Per il controllo dei cinquemila chilometri di confine a sud della Libia, il 2 aprile scorso, era stato fatto un primo passo, con un accordo siglato al Viminale con le principali tribù del Fezzan. Il secondo step è arrivato ieri con la firma sulla dichiarazione: l’obiettivo è rafforzare i confini formando gli agenti e creando una «rete di contatto» tra tutte le forze di polizia della zona. E l’Italia gioca una ruolo cruciale su questo aspetto, visto che il Memorandum of understandig siglato il 2 gennaio a Palazzo Chigi con la Libia, prevede il completamento del sistema di controllo radar per il controllo dei confini al sud del Paese già previsto dal trattato di Amicizia del 2008. Un progetto che dovrebbe realizzare Selex, del gruppo Leonardo-Finmeccanica, con una spesa prevista a carico del nostro paese di 150 milioni.

L’incontro di ieri è stato per l’Italia un passaggio molto importante della strategia messa in piedi da un «passo importante per la sicurezza dei confini» hanno sottolineato i ministri. «Le tribù sono un interlocutore fondamentale per stabilizzare la Libia - ha ribadito ieri Minniti al Salone del libro di Torino, dove tre persone hanno tentato di contestarlo - Ottenere la stabilità con un intervento militare è una drammatica illusione. Abbiamo bisogno dei rapporti diplomatici, ma poi ci vuole qualcuno che parli con le tribù perché sono la sovranità popolare».

LA CRISI
Il vertice di Roma, con i colleghi di Libia, Aref Khoja, Ciad, Ahmat Mahamat Bachir, e Niger, e Mohammed Bazoum, voluto da Minniti, rappresenta un punto di partenza per tentare di gestire il flusso di migliaia di disperati che dall’Africa tentano di raggiungere l’Europa. La dichiarazione congiunta prevede un intervento nelle frontiere desertiche a sud della Libia. Da quell’area arriva il 90 per cento dei richiedenti asilo che sbarcano in Italia. La quasi totalità è entrata nel paese nordafricano seguendo le rotte che, dall’Africa occidentale, portano ad Agades, in Niger, primo vero centro di smistamento di migliaia di esseri umani. Oppure, partendo dall’Eritrea e dall’Etiopia, attraverso il deserto del Ciad. Così sono sbarcati nel nostro paese i quasi 46mila migranti in questi primi quattro mesi e mezzo del 2017, il 35 per cento in più del 2016. 
Ultimo aggiornamento: 23 Maggio, 16:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA