Alessandra Mastronardi: «I Cesaroni? Se lo rifacessero non ci sarei e neanche lo guarderei»

L'attrice è nella nuova serie Paramount+ One Trillion Dollars

Domenica 19 Novembre 2023 di Ilaria Ravarino
Alessandra Mastronardi: «I Cesaroni? Se lo rifacessero non ci sarei e neanche lo guarderei»

dal nostro inviato

Berlino

Ereditare mille miliardi e non sapere cosa farci. O meglio, diventare l'uomo più ricco del mondo solo a patto di spendere fino all'ultimo centesimo in un'utopia: eliminare la povertà dalla terra. Parte da una premessa intrigante, un po' Codice Da Vinci e un po' eco-thriller, la nuova serie Paramount+ One Trillion Dollars, riadattamento del best seller di Andreas Eschbach in arrivo sulla piattaforma giovedì, in sei episodi. Girata in Germania, Spagna e in parte anche in Italia (i mille miliardi appartengono al fondo di un fanta-nobiluomo fiorentino del Trecento), la serie segue l'ascesa nel mondo dei miliardari di John Fontanelli, un fattorino spiantato di Berlino (il tedesco Philip Froissant, 29 anni), che un'oscura profezia vorrebbe predestinato alla salvezza del mondo. Accanto a lui, in un ruolo fra il guru della finanza e la badante, un'ottima Alessandra Mastronardi, 37 anni, con impeccabile accento inglese perso (peccato) nel doppiaggio italiano: «È la prima volta che mi offrono un personaggio così: una donna in un mondo di uomini che tiene testa a tutti racconta da Berlino l'ex de I Cesaroni, nel cast con gli italiani Greta Scacchi e Orso Maria Guerrini - Mi piacciono le serie tedesche, crude e vere, senza il buonismo italiano».


Ha mille miliardi. Che ci fa?
«Non cercherei di risolvere la povertà distribuendo soldi in giro, ma proverei a manipolare i mercati finanziari come fa il mio personaggio, Franca Vacchi, nella serie.

Da ambasciatrice dell'Unicef sono stata in paesi difficili e ho capito che se vuoi cambiare il sistema, devi farlo dall'interno».


I primi soldi che ha guadagnato?
«ll primo guadagno con I Cesaroni. Mi sono comprata una macchina. Non una Ferrari, ovviamente».


Ha mai rifiutato una grande somma di denaro?
«A 22 anni ho detto no a una pubblicità di abbigliamento. Non ci credevo e non volevo metterci la faccia».


Pentita?
«No. Puoi anche avere tanti zeri nel conto, ma se non sei felice non serve a nulla».


Perché ha detto sì a "One Trillion Dollars"?
«Per il coraggio. Mi piacciono le storie che non hanno paura di essere scorrette politicamente. In Italia qualcuno le scrive, ma sono pochi: la maggior parte dei nostri prodotti sono anacronistici rispetto alla freschezza delle piattaforme. Sembrano venire dal mondo di prima, quando c'erano solo Rai e Mediaset».


Il mondo de "I Cesaroni": se li rifacessero, tornerebbe?
«Ho sentito delle voci, ma niente di ufficiale. Se lo rifacessero io non ci sarei. Non sono per i reboot (i rifacimenti, ndr) e non mi servono: quando i cicli si chiudono, si chiudono. In più il mio personaggio (Eva Cudicini, ndr) si era sposato, aveva fatto due figli, se tornasse sarebbe nonna: no grazie. E poi mica parliamo di un successo globale alla Friends».


Lo guarderebbe?
«No. Se voglio rivedere il cast de I Cesaroni ci vado a cena. Volentieri».


Perché lasciò?
«Decisi io, dopo averci riflettuto a lungo. Le scelte le soffro, ma poi non torno indietro. Non ero più io, non ero più quella cosa là. Volevo alzare l'asticella. La parte difficile è stata convincere gli altri ad accettare lo strappo».


Le dispiace che le ricordino ancora quella serie?
«Mi dispiace che ogni volta che si parla della mia carriera, si debba tornare indietro di 17 anni. Ho fatto anche Woody Allen (To Rome with Love, ndr), non lo dice mai nessuno ma pazienza».


L'asticella l'ha alzata?
«Da I Cesaroni in poi ho imparato tutto da sola. Sono caduta, ho fatto sbagli, cose che avrei potuto fare meglio o che non avrei dovuto fare, e tutto sotto una gigantesca lente d'ingrandimento. Ho ricominciato tante volte. E ho solo 37 anni».


Adesso cosa le piacerebbe fare?
«Un genere di personaggio diverso. Tipo una Zendaya in Euphoria (la serie Sky, ndr). Io ci credo che potrei farlo, sono gli altri che non ci credono. E sono anche convinta che l'Italia potrebbe realizzare prodotti di quel livello».


Tante attrici esordiscono alla regia. E lei?
«Era ora. Sta arrivando uno tsunami di donne registe e speriamo che duri. Ci voleva: il metoo in Italia è stato un'ombra, è arrivato giusto un venticello. Sono felice che le donne prendano la parola mettendosi dietro alla macchina da presa. A me però la regia non interessa. Magari la scrittura. O la produzione».


Da Roma all'Inghilterra e ritorno. Perché?
«Dopo otto anni a Londra sono tornata a Roma per chiudere un cerchio. Ero partita perché avevo bisogno di ritrovarmi. Mi ero persa o forse non mi conoscevo: iniziando da giovanissima, ero quello che gli altri volevano che diventassi».


E adesso?
«Adesso so cosa voglio: progetti in cui credo al 100%. Mi vedono come volto tv? Non mi importa più».

Ultimo aggiornamento: 22 Novembre, 01:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA