Un mese in carcere senza sapere perché

Domenica 20 Agosto 2017
È in carcere da oltre un mese, in attesa che le autorità peruviane trasmettano ai giudici veneziani la documentazione relativa alle accuse che gli sono state contestate in patria e che hanno giustificato l'emissione di un mandato di cattura internazionale. Nel frattempo la Corte d'appello di Venezia ha respinto la richiesta di remissione in libertà presentata dal suo difensore l'avvocatessa Francesca Lacchin.
Protagonista della vicenda giudiziaria è un imprenditore peruviano di 43 anni che, lo scorso luglio, si trovava a Venezia per trascorrere qualche giorno di vacanza assieme alla moglie. Trasferitosi in Francia da molti anni, dove ha avviato un'impresa edile, il quaratatreenne è stato arrestato con l'accusa di aver messo a segno rapine, tra il 2007 e il 2010. Ma in quegli anni l'uomo era già residente stabilmente in Francia e ha dimostrato di non aver mai fatto rientro in Perù.
Un mandato di cattura per vicende analoghe era già stato notificato all'imprenditore alcuni anni fa in Francia dove, avendo stabile residenza, i giudici gli avevano imposto un semplice obbligo di firma, fino a quando la richiesta si concluse in un nulla di fatto in quanto le autorità peruviane non diedero alcun seguito alla richiesta di estradizione. Da allora il quarantatreenne era convinto che l'inchiesta si fosse chiusa con un'archiviazione, ma evidentemente non è così. «Non essendo ancora stata trasmessa la documentazione dal Perù, non sappiamo con esattezza se gli episodi ora contestati siano gli stessi del passato - spiega l'avvocatessa Lacchin - Se fosse in Francia sicuramente sarebbe già uscito dal carcere, ma in Italia non ha amici, né una residenza e dunque i giudici non possono concedergli i domiciliari».
Il Perù ha tre mesi di tempo per far pervenire le carte relative alle accuse: «Speriamo arrivino al più presto - conclude il legale - per consentire al mio assistito di difendersi e dimostrare la sua totale estraneità».
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