«Non si tratta di incitazione alla violenza ed istigazione all'odio razziale:

Sabato 20 Maggio 2017
«Non si tratta di incitazione alla violenza ed istigazione all'odio razziale: le espressioni postate dalla professoressa Pontini sul suo profilo Facebook, per quanto forti ed enormi possano essere, non devono essere prese alla lettera, bensì valutate come estemporanei commenti dettati dai timori, dalle paure e dalle angosce che l'insicurezza sociale ed una politica migratoria ambigua ed incontrollata stanno diffondendo sempre più tra la gente. E la paura è cattiva consigliera!»
Lo sostiene l'avvocato Renato Alberini, il difensore dell'insegnante veneziana, un tempo in servizio al liceo Marco Polo, nei confronti della quale la Procura ha chiuso le indagini e si appresta a chiedere il suo rinvio a giudizio per le frasi contro l'Islam e i migranti. Il legale annuncia che è pronto a discutere il processo, per difendere la libertà di espressione dei cittadini: «Siamo in un'epoca in cui prevalgono i cicisbei dell'ideologicamente corretto, dove non si dice più quello che realmente si pensa, bensì quello che, a torto o ragione, si ritiene corretto dire o, comunque, conforme all'opinione rappresentativa della dittatura intellettuale e politica imperante. Una sorta di autocastrazione del pensiero e della libera manifestazione della propria libertà di opinione - prosegue Alberini - Faccio fatica ad inquadrare come attività istigatrice quella della professoressa Pontini, tanto più che è avvenuta in un profilo Facebook guardato da poche persone».
Il legale dichiara che sanzionare penalmente un'opinione, anche la più inaccettabile o infondata «è in contrasto con uno dei capisaldi della nostra Carta Costituzionale, la quale all'articolo 21, non pone limiti di sorta alla libertà di manifestazione del pensiero». Tanto più quando, come nel caso della professoressa Pontini, «la libertà di manifestazione del pensiero non travalica, secondo il criterio dell'offensività e pericolosità in concreto, in istigazione alla discriminazione ed alla violenza di tipo razzista. Il libero dibattito, il confronto tra opinioni diverse - conclude il legale - non può che giovare alla ricerca della verità, anche politica e non può mai essere dannoso per la democrazia».
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