Nel mirino la scissione della casa da gioco e la convenzione non agganciata ai costi

Venerdì 24 Febbraio 2017
Nel mirino la scissione della casa da gioco e la convenzione non agganciata ai costi
Non c'è dubbio che il 2014 sia stato l'annus horribilis per Ca' Farsetti. Non solo per l'amministrazione decapitata dallo scandalo Mose e il lungo commissariamento, ma soprattutto per l'enorme disavanzo (quasi 73 milioni) che è stato poi spalmato su 28 anni. La sezione di controllo della Corte dei conti (Diana Calaciura presidente, Tiziano Tessaro, Francesca Dimita, Daniela Alberghini) ha sempre fatto notare i fattori di potenziale squilibrio sui conti del Comune, che potevano derivare anche dal Casinò, ma nella deliberazione del 20 febbraio relativa al bilancio 2014, il quadro si è fatto davvero pesante, con accuse esplicite sulla gestione di due componenti fondamentali del disavanzo: il casinò e i derivati.
Sono queste due partite ad aver causato l'esplosione del disavanzo nel 2014 e sempre a causa di una gestione poco accorta da parte del Comune sia riguardo gli input politici che sul piano squisitamente tecnico. Ai quali l'attuale amministrazione è ovviamente estranea (i rilievi riguardano a vario titolo le amministrazioni Costa, Cacciari e Orsoni), salvo il fatto che le prescrizioni valgono per chi è in carica ora e, se non venissero accolte, costituiranno un gravame anche per essa.
«Risulta con evidenza - scrive la Corte a proposito del Casinò e della sua situazione pesantissima - che proprio la riorganizzazione del gruppo con la scissione del ramo gioco dal patrimonio sociale abbia aggravato la crisi finanziaria».
Il problema è che il Casinò ha rischiato di tirare giù anche il Comune e questo poco o nulla aveva fatto per porre un rimedio alla situazione. La Corte individua il peccato originale nel rapporto di convenzione, che non è mai stato parametrato ai costi, ma solo alle esigenze dell'ente controllante. Così facendo, la casa da gioco è stata progressivamente spolpata senza peraltro che si sia cercato di mettere mano pesantemente ai costi, che sono diminuiti negli anni, ma sempre meno dei ricavi. La Corte ha criticato poi la natura di entrata tributaria degli incassi, in modo tale che questi vengono versati interamente al Comune il quale poi gira una sorta di canone al casinò: questo crea le condizioni per uno squilibrio strutturale e per questo si dice che la gestione non appare conforme ai principi della sana gestione finanziaria, avendo causato una crisi definita irreversibile.
Un'altra dimostrazione di poca dimestichezza con la finanza è stata dimostrata con i derivati, un regalo dei primi anni Duemila (giunta Costa) ulteriormente peggiorato sotto la gestione Cacciari, gravando la città fino al 2037.
La Corte ha espresso forti perplessità sul fatto che queste operazioni, soprattutto quella sul bond Rialto, fossero finalizzate alla copertura dei rischi e che comunque questo strumento sia stato preso un po' alla leggera, visto che necessita dell'effettuazione di previsioni corrette sul futuro andamento del mercato sia al momento della stipula che in occasione della quantificazione del controvalore attuale del contratto.
Così non è stato, visto che il Comune si cautelò tra il 2001 e il 2007 da un rialzo dei tassi che non si è mai verificato, fissando soglie di interesse che avrebbero portato a pesanti perdite. Infatti, il valore attuale del derivato è negativo per 63 milioni e mezzo, peraltro non garantito da alcun accantonamento.
Infine, un appunto ad Actv, che per la Corte spende il 20% del budget per le risorse umane per personale non di esercizio e, di converso, spende troppo poco (lo 0,83 per cento del valore della produzione) per le pulizie dei mezzi, pur essendo elemento direttamente connesso al grado di soddisfazione dell'utenza.
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