Nei manuali dell'arte si legge che il genere del Capriccio settecentesco è

Mercoledì 20 Settembre 2017
Nei manuali dell'arte si legge che il genere del Capriccio settecentesco è una certa visione del paesaggio con architetture fantastiche, catastrofiche rovine e anomale invenzioni prospettiche. Vi si legge anche che la Pop Art è un movimento dell'arte americana, apparso clamorosamente alla Biennale del 1964, anche se il britannico Richard Hamilton, già nel 1957, teorizzava la contaminazione dell'arte con l'uso di oggetti e immagini di grande consumo della società industriale.
La storica ricerca espressiva di Vico De Luigi appare allora caratterizzata da due considerazioni: la prima è che nel suo immaginario egli ha sempre posto in una posizione di centralità Venezia e il suo mito, mentre la seconda riguarda la ricorrente oscillazione formale della sua pittura, sempre in bilico tra l'attrazione per il Capriccio tiepolesco e la declinazione Pop di certe sue immagini più trasgressive.
Vico De Luigi ha alimentato il mito di Venezia nelle sue opere ricorrendo alle suggestioni di molte fonti letterarie, da Goethe a Ruskin, da Thomas Mann a Byron.
Nel suo caso, tuttavia, il capriccio è sempre pervaso da una sorta di sottile ironia dissacrante, e in alcuni cicli di dipinti pone in atto perfino una sua personale esagerazione immaginativa con la messa in scena, sulle catastrofiche rovine, di vegetazioni aggressive ed invadenti, insetti giganteschi e misteriose farfalle notturne. O, altre volte, utilizzando la pittura come linguaggio della finzione, inserendo cioè nella veduta animali mitici come draghi e grifoni, basilischi, minotauri e chimere.
Particolarmente significativa appare in questa prospettiva la stagione Pop dell'opera pittorica di Ludovico De Luigi, quella nella quale l'artista mette in atto un sorprendente straniamento visivo accostando figure della classicità ad elementi del consumo pubblicitario. Come nel caso, per fare l'esempio più clamoroso, di Sebastian Cola del 1979 nel quale un distributore della popolare bevanda viene collocato, trafitto di frecce, all'interno del portale in marmo di uno storico palazzo. O, anche qui con dissacrante accostamento, quando in Secondo Rinascimento del 1986 mette a confronto un dipinto cinquecentesco di nudi con la moderna architettura delle Torri gemelle di New York, ancora esistenti.
Appare evidente che Vico De Luigi è allo stesso tempo un artista contemporaneo e un visionario, alimentandosi nello stesso momento alla storia e alla memoria.
La sua personale e fantastica proposizione immaginativa si colloca al di fuori degli schemi interpretativi dell'arte del nostro tempo perché si manifesta in modi formali sempre inediti e sorprendenti.
Spesso perfino disturbanti, configurando così una sua originale cifra espressiva e provocando nei riguardanti inattesi rispecchiamenti e coinvolgimenti emotivi.
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